Il modello Dada non è una novità, anzi, se ne sente parlare da tempo. L’acronimo, che sta per Didattiche per Ambienti di Apprendimento, è un modello innovativo di didattica che ha già trovato applicazione, un paio di anni fa, in alcune scuole italiane, come abbiamo riportato.
Il modello viene applicato, dallo scorso settembre, anche alla scuola secondaria di primo grado Dante Alighieri di Verona, che afferisce all’istituto comprensivo San Bernardino – Borgo Trento, dove sembra star riscuotendo successo tra studenti e docenti, come racconta L’Arena. Ma di cosa si tratta? Il Dada prevede una trasformazione dal punto di vista didattico e logistico del modo in cui si fa lezione a scuola, ispirandosi al modello statunitense e dei campus anglosassoni.
Ogni disciplina si fa in una classe diversa: non sono più, così, i docenti a dover passare da un’aula all’altra al cambio dell’ora, ma gli studenti, che non sono più costretti a stare seduti nella stessa aula per tutta la durata della giornata scolastica. Le aule possono così essere personalizzate, in quanto assegnate ad una precisa materia. Per raggiungerle nella scuola sono stati costruiti dei percorsi colorati. Alla Alighieri, poi, ad ogni classe è stato assegnato un nome che richiama la materia che lì viene impartita.
Le classi coinvolte nell’esperimento sono sei, tutte di terza media. “Una mattinata è composta da sei ore suddivise in blocchi da due ore ciascuno, per un totale di tre materie al giorno. Ogni due ore, dunque, c’è un intervallo che consente alle classi di raggiungere l’aula successiva”, spiega Giovanna Calvi, insegnante di tecnologia.
Quest’ultima ha enumerato i numerosi vantaggi di questo approccio: “I professori possono personalizzare o modificare il setting degli spazi con banchi singoli, a coppia o a piccoli gruppi a seconda delle necessità educative, dunque le aule diventano dei veri e propri laboratori di apprendimento dove i ragazzi trovano tutti gli strumenti didattici necessari per lo svolgimento di una determinata materia. Dal canto loro gli alunni, uscendo da un ambiente per raggiungerne un altro, scaricano un po’ di stanchezza e recuperano la concentrazione che, come ci dimostrano le neuroscienze, non rimane invariata nell’arco della giornata”.
L’obiettivo del progetto, accolto per ora in maniera positiva, è mettere l’alunno al centro del processo di apprendimento. Il prossimo step? A quanto pare la direzione della scuola starebbe pensando di installare dentro i locali scolastici degli armadietti, sempre sulla scia di quanto avviene negli Stati Uniti, per permettere agli studenti di riporre il materiale che non serve durante i cambi di ora.
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