Una storia davvero torbida quella che vede vittima una ragazzina di origini cinesi di Roma, molestata e vessata fisicamente e psicologicamente dal padre, che la costringeva, fin da piccola, a lavorare nell’attività di famiglia fino a dodici ore al giorno. La giovane è stata aiutata dalla sua docente del liceo.
Come riporta La Repubblica, alla donna, che le è stata sempre accanto, la ragazzina avrebbe confidato tutto, ed è proprio grazie a lei che l’incubo sembra finito. Ha denunciato, è scappata di casa e non ha permesso a nessuno di rubarle i suoi obiettivi: “La cosa più bella – ha spiegato ieri, in tribunale, l’insegnante – è stata vederla ritornare, non a sorridere, perché non sorrideva più, ma ad avere forza e determinazione. Ha fatto un esame di maturità come non avevo mai visto fare”.
La situazione è arrivata ad una svolta quando la sorella della ragazza si è sposata e si è trasferita. La giovane ha capito che doveva fare qualcosa: “Era terrorizzata, diceva di dover scappare di casa”. Così è stato. È stata accolta in una casa famiglia. E da lì ha rimesso insieme i pezzi della sua vita. Fino alla maturità: “Ha fatto un esame brillante”, ha ricordato l’insegnante. “Mi diceva che urlava così forte che il padre era costretto a smettere di farle del male per paura di essere scoperto”, ha detto la donna.
Qualche mese fa abbiamo trattato il caso della ragazza di origini indiane di 19 anni vessata dai propri familiari e costretta ad un matrimonio forzato. La ragazza ha denunciato i familiari per maltrattamenti e costrizione al matrimonio. Dopo essere stata affidata alla preside, che l’ha ospitata, è stata portata in una struttura protetta.
“Un’altra Saman che si cerca di salvare, ma la burocrazia non riesce a farsene carico”, ha detto il legale che l’ha aiutata. “Ieri ho ricevuto una richiesta di aiuto da parte di questa ragazza. Era andata a scuola, ma una volta arrivata a casa i familiari le hanno sequestrato il cellulare. E’ riuscita a comunicare con me grazie ai social, mi ha chiesto di vederci questa mattina. Padre, madre, zio e nonna la picchiano, la tengono segregata e le hanno preso i documenti perché rifiuta un matrimonio forzato, si è innamorata di un altro ragazzo”.
Le ha così consigliato di sporgere denuncia, ma “non c’era nessuna possibilità di collocamento in protezione, se non metterla da sola in un b&b e se volevo avrei potuto dormire io con lei. Ora è stata affidata alla preside, una privata cittadina, mettendo a repentaglio la sua incolumità perché la famiglia la sta cercando. Io mi sarei aspettata che lo Stato rispondesse: è un codice rosso, sono reati gravissimi. Invece dopo cinque ore di pianti, ci si schianta contro la realtà. Gli strumenti ci sono ma non vengono applicati”.
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