“Interagire con i media – ha spiegato Viviane Reding, commissario per i Media e la Società dell’informazione –, al giorno d’oggi, significa molto di più che scrivere ad un giornale: grazie ai media, e soprattutto alle nuove tecnologie digitali, sono sempre di più i cittadini europei che possono partecipare al mondo della condivisione, dell’interazione e della creazione“. Per questi motivi “le persone che non possono usare i nuovi media come le reti sociali o la televisione digitale – ha spiegato il commissario dell’Ue – avranno difficoltà a interagire con il mondo che li circonda e a prendervi parte“.
In alcuni Paesi, come Svezia, Irlanda e Gran Bretagna, questo tipo di contenuti fanno già parte dei programmi scolastici. Ed anche le nuove tecnologie (come il sito internet britannico ‘kidSMART’ che insegna ai giovani come usare i siti di socializzazione in rete in modo sicuro) sembrano ormai progettate per aiutare gli ultimi arrivati. E non solo a fornire indicazioni tecniche, ma anche a tutelare la privacy e le informazioni personali sempre molto appetite dai distributori di pubblicità on line.
Certo, le cose stanno migliorando. Soprattutto tra i cittadini partiti con un gap alto: l’Ue ha fatto sapere che dal 2006 le competenze in materia di computer e di internet tra le donne, i disoccupati e le persone con più di 55 anni sono cresciute del 3% rispetto alla popolazione totale. Tra questi rientrano anche coloro che hanno un basso livello di istruzione: dal 53,5% del 2005 al 62,5% nel 2008. Anche i disoccupati usano sempre di più la rete, ovvero l’80,3% nel 2008 contro il 74,4% nel 2005. Tuttavia, sebbene le connessioni a banda larga siano sempre più economiche, il 24% dei cittadini Ue senza internet a casa afferma di non averlo poiché non sa usarlo. Un dato su cui i teorici dell’alfabetizzazione informatica farebbero bene a soffermarsi.