L’ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso e provocato un sollevamento generale è l’“atto di generosità”, per dirla con le parole del ministro Profumo, chiesto/imposto ai docenti della secondaria, ovvero l’aumento per legge di 6 ore dell’orario di lavoro a parità di stipendio, anzi con la prospettiva realistica di una decurtazione per chi volesse continuare l’orario vigente. Una gran bella pensata che ci avvicina alla Grecia e che dimostra quanto sia tenuto in conto il settore istruzione e chi ci lavora.
Ad aprire il fuoco ha cominciato la Cgil, già protagonista dello sciopero del 12 ottobre, che accusa il Governo di difendere solo gli interessi delle banche e della speculazione finanziaria, affossando i diritti dei lavoratori e lo stato sociale. Nella scuola – dice la Cgil – non sono bastati gli otto miliardi della legge 133/2008, i continui interventi legislativi, il blocco dei contratti e degli scatti di anzianità, la cancellazione della indennità di vacanza contrattuale, adesso “siamo all’accanimento e alla barbarie”.
D’altra parte, è di ieri il comunicato con cui il “moderato” Marco Nigi, segretario generale dello Snals-Confsal, ha esordito dicendo “Basta alla follia di questo governo e al suo disprezzo per scuola e insegnanti”. La Cisl non è da meno: “Il Governo e il Ministro dell’Istruzione stanno dando in queste ore una prova di irresponsabilità che lascia allibiti”. “È fuori da ogni immaginazione la superficialità con cui si mette mano all’orario di servizio dei docenti”. In effetti neppure Brunetta, con le sue norme imperative, si era intromesso nella materia specificamente contrattuale della definizione dell’orario di lavoro. “La Cisl – continua il comunicato – è un sindacato serio e responsabile, esige che lo siano anche i suoi interlocutori, a partire dal Ministro”. Da parte della Uil, ci si augura che sull’orario di lavoro dei docenti non ci sia un “impazzimento”. Mentre la Gilda degli insegnanti parla di un “vero e proprio abuso”.
Insomma parole quanto mai dure. Se seguiranno i fatti, con un fronte sindacale compatto, il Governo avrebbe da temere, non tanto per l’affossamento delle norme di stabilità proposte, quanto per la stabilità stessa di chi governa il Ministero.
La Scuola è sempre stata un settore insidioso per i Governi. Non a caso l’ex ministro Fioroni a Profumo gliel’ha già detto: occorre una pausa di riflessione, oppure sarà rivolta di tutti contro tutti.
Intanto in sede parlamentare si moltiplicano gli altolà da parte del Pd. Da Francesca Puglisi, responsabile scuola del partito, alla senatrice Mariangela Bastico, per finire con Rosi Bindi, presidente del Pd e vicepresidente della Camera, si annuncia l’indisponibilità a votare “tagli mascherati e misure che disattendono i legittimi diritti degli insegnanti”. In effetti, risulta difficile oggi per il Pd avvallare quanto prospettato con l’ultima manovra finanziaria (bis, ter o quater?) soprannominata “legge di stabilità”, come quella di prima si chiamava “spending review”, giusto per far dimenticare agli italiani le rassicurazioni ripetute più volte da Monti che “non ci saranno altre manovre”.
Su una cosa tuttavia il ministro Profumo ha ragione: “in Italia ci vuole più bastone che carota”, ma è ora che il bastone vada a colpire dove serve davvero.