Enrico Morando più volte senatore per PDS, DS e PD, viceministro all’economia nel Governo Renzi e poi nel Governo Gentiloni, sul Sole 24 Ore parla del futuro del suo partito, dunque anche degli sbagli commessi nel passato, fra cui quello, pesante, relativo alla cosiddetta “buona scuola”.
Secondo il politico, oltre ad avere sottovalutato (ma ormai se ne discute da un più di un secolo) la questione meridionale, con l’istruzione il Governo a guida Pd è stato troppo debole, cauto, guardingo e quindi non ha saputo dare l’impronta per una svolta veramente importante e sicura alla scuola italiana.
Una cautela che ha finito per scontentare tutti e ritorcersi con forza contro il Pd. Interessante, in particolare, l’analisi di Morando sulla Buona scuola. «Autonomia degli istituti scolastici, valutazione di tutto e di tutti, alternanza scuola-lavoro – i capisaldi della Buona scuola – non si sono accompagnati alla piena ed effettiva responsabilizzazione dei dirigenti, all’introduzione di una vera e propria carriera degli insegnanti, alla forte differenziazione dei loro salari in rapporto ai risultati raggiunti, alla esplicita introduzione di dispari opportunità positive a favore degli Istituti e degli alunni delle realtà sociali più difficili».
Il problema non è dunque, per Morando, nell’aver messo in campo la riforma, ma nel non essere stati abbastanza radicali.
In ogni caso, assicura l’esponente Pd, l’argomento deve fare parte di una seria discussione sul futuro del Partito democratico, perché il congresso che sta per aprirsi rischia altrimenti di ridursi alla resa dei conti finale tra nomenclature. “Esattamente quello di cui il tanto evocato popolo dem non ha bisogno”.
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