«È morto Manzoni?» diceva uno stralunato personaggio di Carlo Verdone». L’ “Enciclopedia degli Sfondoni Italici” si accresce ogni giorno di un volume. Preoccupa però il fatto che l’ignoranza dei fatti storici recenti (specie se degni di essere tramandati ai posteri) caratterizzi soprattutto i giovani.
Il portale per giovanissimi skuola.net ha pubblicato lo scorso 9 maggio (quarantesimo anniversario degli assassinii di Aldo Moro e di Peppino Impastato) un’ennesima (e interessantissima) inchiesta-shock. A circa 11.000 allievi di scuole medie e superiori è stato somministrato un sondaggio per vedere quanto i ragazzi conoscano circa Aldo Moro e Peppino Impastato. Il risultato è sconfortante (a dir poco).
12 studenti su 100 son convinti che Impastato, anziché giornalista di Democrazia Proletaria ed eroe della lotta alla mafia, sia stato un prete. Ancora maggiore il numero di chi lo crede un imprenditore (15%). Il 33% non ha la più pallida idea di chi fosse. Solo il 40% lo conosce abbastanza bene e ne ricorda la storia: di questo 40% più informato, il 14% ha avuto le proprie informazioni da internet; il 23% da cinema e tv (grazie soprattutto allo straordinario film di Marco Tullio Giordana I cento passi). Solo il 34% degli alunni ha appreso di Impastato dalla Scuola.
Ancora più dimenticato Aldo Moro: un ragazzo su 10 lo crede un ex Presidente della Repubblica; per il 26% era Segretario del PCI. Il 29% non lo ha mai sentito nominare. Solo il 35% indovina la risposta esatta. Tra questi (pochi) conoscitori del nostro grande statista ucciso dalle BR, il 15% ne sa dal web; il 21% da padri e madri. Solo il 38% dai propri docenti.
E il 9 maggio 1978? Quanti sanno cosa successe in quella data infausta? Secondo 6 studenti su 100 ci fu il disastro del Vajont (avvenuto in realtà il 9 ottobre 1963). 11 su 100 scommettono sulla strage di Ustica (27 giugno 1980). Più prudenti i 35 su 100 che ammettono di non saperne assolutamente nulla. Ad avere appreso che in quel giorno fu assassinato Moro è solo il 48% degli intervistati.
Pochissimi sanno dire quale sia stato l’altro avvenimento importante avvenuto nel medesimo malaugurato giorno; gli altri, abituati a disegnare cimiteri di crocette sui quiz Invalsi, sparano a casaccio. 7 su 100 puntano sull’uccisione di Piersanti Mattarella (perpetrato in realtà venti mesi più tardi); il 28% prova con la strage di Capaci, in cui morì Giovanni Falcone (23 maggio 1992). Maggioranza relativa a chi onestamente ammette di ignorare del tutto la risposta (33%). Solo il 32% colloca al 9 maggio 1978 anche la fine di Impastato (che la mafia tentò di far passare per la morte di un terrorista “rosso” ucciso dalla propria bomba deposta sui binari di un treno).
È ormai evidente: la storia recente non è molto popolare tra gli italiani. Se però i più giovani non sanno nulla di quanto avvenuto negli ultimi 120 anni, come potrà la storia recente essere d’insegnamento per i loro figli e nipoti? Come potranno i futuri cittadini orientare le proprie scelte politiche e civili? Come potrà l’Italia diventare un Paese migliore di quello che è?
Anche la storia meno vicina non se la passa d’altronde molto meglio. Per non parlare di quella antica, boicottata dalla “riforme” in salsa Moratti e Gelmini che l’hanno relegata alle scuole Primarie (nel Paese culla della civiltà classica!): con l’invidiabile risultato di sbarcare ogni anno al Ginnasio orde barbarizzate di quattordicenni che non ricordano di aver mai sentito nominare Giulio Cesare né Cicerone!
Tutti noi adulti abbiamo studiato la Storia antica in Terza elementare; la Storia medievale in Quarta; la Storia moderna e contemporanea in Quinta. Alle Elementari abbiamo tesaurizzato il nostro primo bagaglio di conoscenze cronologiche, nomi, aneddoti. Nessuna maestra, insegnandoceli, temeva di farci del male: e infatti non ce ne ha fatto. Anzi, tutte ci hanno fornito la trama di base su cui edificare le conoscenze più approfondite in materia storica che poi apprendemmo alle scuole medie, e su cui basare in seguito la comprensione profonda dei fatti analizzati alle Superiori. Oggi, dopo le “riforme” di cui sopra, stiamo allevando dei neoprimitivi che non sanno il passato, non capiscono il presente e non sono interessati né all’uno né all’altro; mentre la maggior parte dei nuovi genitori, pure loro in gran parte allevati a snack e Banale 5, non sono migliori dei pargoli. La memoria, insomma, è merce sempre più rara. Senza memoria, però, nessuna identità è possibile. E senza identità, che futuro costruiremo?
Ma non diamoci troppe croci addosso, noi genitori: la colpa, si sa, è sempre e comunque degli insegnanti! I quali, malgrado lauree, concorsi, abilitazioni, corsi di aggiornamento e di perfezionamento, e nonostante il valido supporto di esperti, giornalisti, Miur, Invalsi e Indire, non hanno ancora imparato da questi ultimi a far miracoli.
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