Attualità

Mortalità infantile più alta del 60% nelle famiglie di immigrati

La mortalità infantile nelle famiglie di immigrati è maggiore del 60% (con punte del 65% al sud Italia) rispetto alle famiglie di genitori italiani.

A dirlo il professor Mario De Curtis, ordinario di Pediatria all’Università La Sapienza di Roma, al congresso Simmesn (Società italiana per lo studio delle malattie metaboliche e lo screening neonatale), basandosi su dati Istat

 Nel suo, “Le disuguaglianze e la salute dei bambini migranti”, il prof ha ricordato che “l’immigrazione fornisce un importante sostegno demografico all’Italia, con effetti sia a breve sia a lungo termine”, ma “a causa delle particolari condizioni familiari ed economiche”, la mortalità infantile è stata nel 2020 del 2,51 per mille, risultando superiore del 60% nei figli di genitori stranieri rispetto a quelli di genitori italiani (dati Istat 2024). 

E i bambini stranieri residenti nel Mezzogiorno, rispetto a quelli residenti nel nord Italia, hanno mostrato nel 2020 un rischio di mortalità infantile maggiore del 65%. Secondo il docente, l’aumento del rischio di mortalità e di patologie “è riconducibile a condizioni perinatali legate alle donne immigrate: svantaggio sociale, economico e culturale; maggior numero di gestanti minorenni e ragazze madri; basso reddito familiare; attività lavorative meno garantite e più pesanti; alimentazione inadeguata; condizioni igieniche e abitative carenti; cure ostetriche e pediatriche tardive o inadeguate”. 
Restano quindi “problematiche di integrazione legate a difficoltà linguistiche, alla mancanza di informazioni sui servizi disponibili e al timore verso le autorità locali”, per cui  “una parte significativa delle patologie pre e postnatali potrebbe essere prevenuta con una più adeguata organizzazione dell’assistenza materno-infantile”.

Un’attenzione particolare, ha considerato De Curtis, “dovrebbe essere rivolta al miglioramento delle condizioni socio-economiche, poiché molti bambini provenienti da famiglie immigrate affrontano difficoltà economiche e sociali. Sostenere queste famiglie è quindi cruciale per garantire il benessere dei bambini”.

Redazione

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