La scomparsa di Luigi Berlinguer, per vari anni alla testa del Ministero di Viale Trastevere, non poteva certo passare inosservata nel modo della scuola.
E, in effetti, si devono a lui le Riforme più lungimiranti che hanno cambiato il volto della scuola italiana.
La legge n.10 del 10 febbraio 2000 (Legge quadro in materia di riordino dei cicli dell’istruzione), mirava a una riorganizzazione strutturale del ciclo scolastico, individuando una scuola dell’infanzia, un ciclo primario di otto anni, comprendente le elementari e le medie e un ciclo secondario, di cinque anni e concluso da un esame di stato.
Anche l’autonomia scolastica, con l’attribuzione della personalità giuridica alle istituzioni scolastiche, avviata con la Riforma Bassanini e introdotta con la legge n. 59/1997, ha visto Berlinguer in un ruolo da protagonista.
Si ricorda in particolare il Regolamento dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, fissato dal DPR n. 275/1999, cui fa da corollario l’art. 25 del D.Lgs. n. 165/2001, dedicato ai dirigenti delle istituzioni scolastiche.
Frutto dell’attività di Luigi Berlinguer è anche la legge n. 62/2000, che – nel ribadire che l’insegnamento è pubblico – riconosce che può essere impartito da scuole statali, religiose o private (le c.d. “scuole paritarie”).
Come si vede, l’impronta dell’ex Ministro ha lasciato un profondo segno nel sistema scolastico italiano.
Berlinguer è ricordato però anche per il “Concorsone”, una sorta di esame cui i docenti con un’anzianità di almeno dieci anni si sarebbero potuti sottoporre per ottenere un aumento di circa 500 mila lire al mese (esclusa la tredicesima).
Gli insegnanti con i capelli “brizzolati” (ormai la maggioranza, visto lo scarso turn over dovuto all’innalzamento dell’età pensionabile e alla denatalità) non hanno certo dimenticato le polemiche con cui il mondo della scuola aveva accolto l’idea di Berlinguer.
Si trattava di assegnare un compenso a 150 mila insegnanti (il 20% dei docenti di ruolo) sulla base di tre elementi:
-il curriculum formativo – professionale (competenze disciplinari, pedagogiche e metodologiche, esperienze maturate, gli aspetti relazionali e le attività specifiche svolte nella scuola);
– una prova strutturata predisposta dal Ministero tesa all’accertamento delle competenze metodologiche e didattiche e alla verifica dell’accertamento professionale rispetto alla disciplina insegnata;
– una “verifica in situazione”, che si sarebbe potuta realizzare o attraverso una lezione in aula con i propri alunni oppure con una “lezione simulata” relativa ad un’unità didattica assegnata da una Commissione.
L’idea del Ministro (ma anche di qualche sindacato) era quella di premiare gli insegnanti più meritevoli.
Questa idea (creare delle fasce stipendiali che avrebbero evidenziato una maggiore preparazione/competenza tra gli insegnanti) scatenò la rabbia dei docenti, che sfociò – oltre che in pesantissime critiche verso quei sindacati che avevano in qualche modo avallato la proposta del Ministro – anche in uno sciopero che vide un’enorme partecipazione, con le scuole praticamente chiuse.
Il Ministro Berlinguer fu costretto alle dimissioni e il Concorsone gettato alle ortiche.
La condizione dei docenti nell’attuale situazione è certamente molto peggiorata.
Viene da sorridere pensando che gli insegnanti a suo tempo si ribellarono a fronte di un trattamento economico differenziato (ma fondato comunque sul superamento di prove predisposte dal Ministero, con una Commissione esterna), riuscendo a provocare persino le dimissioni del Ministro, quando attualmente il trattamento differenziato avviene spesso grazie ad incarichi assegnati in modo discrezionale dai Dirigenti Scolastici a persone di loro fiducia.
Tanta acqua è passata sotto i ponti.
Con tutti i suoi limiti, la proposta di Berlinguer era quanto meno più trasparente e rispettosa del principio meritocratico.
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