Come sensibilizzare i nostri alunni sul gravissimo problema dei cambiamenti climatici in atto? Distratti dai social network e dalle sciocchezze imperanti persino nel mondo degli adulti, i giovanissimi faticano a comprendere il pericolo che incombe sul loro futuro. Eppure nessun adolescente resterebbe indifferente di fronte alle immagini dello splendido servizio giornalistico trasmesso da Rai3 il 14 gennaio nel corso della trasmissione “Presa Diretta”, ed intitolato “La caduta dei giganti” (purtroppo mandato in onda, come tutti i programmi più utili, poco prima di mezzanotte, ma fortunatamente ancora reperibile su RaiPlay).
La caduta dei giganti
I “giganti” caduti sono i 15 milioni di alberi distrutti in una sola notte dall’uragano che si è abbattuto sulle dolomiti bellunesi alla fine dell’ottobre scorso, schiantando 400 km di boschi millenari con l’immane potenza di uno scirocco mai visto prima, lanciato ad una velocità di 190 km orari (con punte di oltre 230, che hanno intasato la diga del Comelico coi tronchi spazzati via dal vento!). Il filmato mostra la “foresta dei violini” — quella della Val di Fiemme, da cui si ricava da secoli il legno pregiato per costruire gli stradivari — completamente cancellata, quasi fosse stata calpestata da un titano. In poche ore sono stati schiantati almeno 200.000 metri cubi di legname (quanto se ne taglia in cinque anni di lavoro), mettendo in ginocchio l’economia locale.
Il microclima del luogo non sarà mai più lo stesso, e così l’ecosistema. Anzi, quell’ecosistema, semplicemente, non esiste più; e difficilmente potrà riformarsi. La natura infatti non riesce a tenere il passo con la velocità pazzesca dei cambiamenti climatici in corso: mutamenti che di solito avvengono in millenni, si stanno verificando in pochi decenni; perché il clima del pianeta è totalmente sconvolto. È il global warming, bellezza: quel fenomeno terribile che il nostro modello di sviluppo da apprendisti stregoni ha messo in moto, e le cui cause nessuno dei potenti che dominano la Terra ha seriamente intenzione di rimuovere.
Peggio delle piaghe d’Egitto
Terribile, e solo parzialmente prevedibile, l’impatto sanitario dell’innalzamento delle temperature (ed in particolare delle ondate di calore che, ormai ogni anno, investono anche le nostre latitudini per parecchi mesi consecutivi). Il trend termico sempre più elevato moltiplica la schiusa delle uova di insetti pericolosi. Il risultato è già ora la diffusione di malattie gravissime: la malaria, diffusa dalla zanzara anofele; la malattia di Lyme (già oggi seconda negli Stati Uniti solo all’AIDS per rapidità di diffusione) e la meningoencefalite, trasmesse dalla zecca dei boschi (Ixodes ricinus); la rickettsiosi (o febbre bottonosa), il tifo esantematico (o petecchiale), e persino varie forme di peste, portate tutte dalla zecca del cane (Rhipicephalus sanguineus).
Il sonno dei giusti
L’uomo comune pensa che la cosa non lo riguardi. Non è difficile, quando si parla tra adulti di riscaldamento globale, sentirsi rispondere «Meglio così: andremo al mare prima!»; oppure «Risparmieremo sui riscaldamenti!»; o ancora «Io adoro il caldo!». Sono frasi che in ambito italiota si ascoltano spesso. Probabilmente tutti pensano che i problemi saranno solo per i figli dei figli. E poi, tanto, «Che si può fare?». E poi, «Qualcuno ci penserà».
L’abitudine a vedere le tragedie in TV ha abituato tutti a pensare che il male esista solo sugli schermi, e che noi saremo sempre e solo spettatori. Anche perché l’informazione televisiva italiana sull’argomento è semplicemente vergognosa. Se si eccettuano alcune encomiabili trasmissioni di divulgazione scientifica, infatti, i telegiornali hanno mantenuto un omertoso silenzio sul riscaldamento globale fino a pochi anni or sono. Oggi ne parlano in continuazione, alternando le notizie degli apocalittici disastri (che già si verificano da decenni) a ben più lunghi servizi di calcio o di gossip, che distraggono gli spettatori e danno loro l’impressione che i disastri non li riguarderanno mai personalmente. Inoltre, i “giornalisti” che redigono i servizi, quand’anche accennino esplicitamente al cambiamento climatico in atto, si guardano bene dal ricordare le responsabilità politiche ed economiche del medesimo (come un giornalista avrebbe il dovere etico di fare).
Scenari semplicemente imprevedibili
Altro motivo di “tranquillità” per le coscienze da bradipo della maggior parte degli umani (inconsapevoli di rischiare la fine della rana bollita) è la convinzione che l’aumento delle temperature sarà lento e graduale, e che dunque faremo in tempo ad adeguarci.
Ebbene, purtroppo pochi conoscono il reale funzionamento dell’atmosfera terrestre e i suoi delicati meccanismi. Ad esempio, quasi nessuno conosce il fenomeno dell’albedo polare. Albedo è una parola latina che significa “bianchezza”, e che indica il meccanismo grazie al quale la maggior parte delle radiazioni solari che giungono sui poli viene riflessa dalle superfici ghiacciate, impedendo il riscaldamento dei mari sottostanti. Quando i ghiacci polari si saranno sciolti, il Mar Glaciale Artico si surriscalderà ulteriormente, smettendo di rinfrescare il resto del pianeta con le sue correnti oceaniche fredde pompate verso l’emisfero opposto. Il risultato finale sarà un’ulteriore accelerazione del global warming.
La responsabilità di svegliare i giovani
Ormai solo poco più di un decennio ci separa dal punto di non ritorno. Nessun docente degno di questo nome può accettare l’idea che i nostri giovani non sappiano cosa li aspetta se una forte presa di coscienza collettiva non spingerà presto i governi ad invertire immediatamente la rotta.