Potremmo definirla un’entrata dura, ma non da dietro. Piuttosto ferma e motivata. Ci riferiamo alla risposta di Renzo Ulivieri, presidente dell’associazione allenatori, alla poco azzeccata metafora del tecnico dell’Inter, José Mourinho, che per difendere il collega Ciro Ferrara, in odore di esonero (concretizzatasi all’indomani della sfida di coppa Inter-Juventus), qualche giorno fa ha annoverato la professione degli allenatori di calcio tra quelle dei precari. Facendosi scappare anche un “eroi” di troppo.
Il commento non è sfuggito all’ex tecnico del Bologna, da alcuni anni primo rappresentante dell’associazione che tutele i diritti dei tecnici di calcio che operano in Italia. Anche perché, se non proprio in prima persona, Ulivieri sa cosa significa avere un lavoro senza contratto a tempo indeterminato. “Io un precario ce l’ho in casa – ha dichiarato – è mia figlia: ha 40 anni, una laurea con 110 e lode, la scuola di specializzazione: è insegnante, ma è sempre precaria. Due ore da una parte, altre in un’altra scuola, eppure è a posto con tutti i titoli“.
Accostare questa categoria, con il fardello di problemi professionali, familiari ed umani che gli addetti ai lavoro conoscono bene, a quella dei tecnici di calcio (almeno quelli del professionismo dove gli zeri in fondo cedolino dello stipendio non finiscono mai e il lavoro non sembra così sfiancante) è sembrato francamente eccessivo. In effetti il dramma dei tagli agli organici del Mef non può essere paragonato, nemmeno lontanamente, al cambio di panchina di un professionista del calcio che, a certi livelli, gode di benefici economici e di popolarità ad oltranza. Anche da disoccupato, periodo peraltro sempre più spesso pagato a peso d’oro perché “riciclabile” in professioni non proprio da disprezzare come il commentatore o l’opinionista.
L’improbabile “stonatura” del coach portoghese, ottimo allenatore ma anche famoso per i sui toni aspri e sopra le righe, non poteva sfuggire al primo rappresentante degli allenatori (proverbiale toscano dalla battuta sferzante). “Il nostro è un mestiere duro, si pensa ai guadagni facili che poi sono veri solo nei grandi club – ha concluso il tecnico toscano – e la difficoltà evidenziata da Mourinho è reale. Però gli eroi sono altri“. Appunto.