Alessandro Giammei, scrittore e docente letteratura italiana a Yale, negli Stati Uniti, è conosciuto da molti per essere uno dei “figli d’anima” di Michela Murgia, la scrittrice e intellettuale scomparsa lo scorso agosto 2023.
Giammei ha fatto di recente una riflessione su come la letteratura e la storia vengono insegnate a scuola e proposte al pubblico dall’editoria. Ecco le sue parole: “Il modo in cui insegniamo la nostra eredità culturale è necrofilo. L’immaginario è quello della rinascita di ciò che è morto o si ostina a non morire, del ritorno dei morti viventi”.
“La retorica è quella di una disperata attualità. Alla scuola e all’editoria chiediamo di attualizzare. Invece di portare i viventi in un altrettanto vivente passato, ci sforziamo di portare i morti nel presente, mortificandolo”, ha aggiunto.
Ieri, 30 maggio, alle ore 15, a Roma, nella sede di Fratelli d’Italia, si è svolto il convegno “La Scuola del Futuro: Cosa c’è in programma”, un momento di dialogo e confronto sulla revisione delle Indicazioni Nazionali, con la partecipazione della sottosegretaria all’Istruzione ed al Merito, Paola Frassinetti.
Ecco le parole di quest’ultima: “Parlare di programmi sembra una parolaccia e la riforma delle indicazioni nazionali ha suscitato polemiche. Noi vogliamo passare dall’educare istruendo all’istruire educando. Sembra un gioco di parole. Vogliamo accostare la cultura alla scuola, per troppo tempo si sono staccati questi termini. Riteniamo importante il lavoro, ma la scuola non può essere soggiogata al produttivismo”.
“Non si può essere ossessionati dall’utilità delle materie. Nulla è inutile nella scuola. Un sonetto del ‘300 può essere utile al momento giusto. Potrà aver attivato dei meccanismi logici molto importanti. Pensiamo che la scuola sia un luogo dove trasmettere conoscenze. Il termine ‘merito’ è stato troppo abusato. La scuola deve continuare a essere ascensore sociale. Abbassare il livello degli studi non c’è più democratizzazione, anzi, ci vuole la qualità degli studi”.
“Dobbiamo insegnare l’Italia, mettere al centro della scuola la nostra storia e la nostra cultura. Conoscere la scuola antica, il Rinascimento, è molto importante, anche per l’integrazione di ragazzi stranieri, che devono essere messi in condizione di familiarizzare con l’identità italiana. Per questo è sbagliato non far studiare la Divina Commedia, come avvenuto a Treviso. Questo è il contrario dell’integrazione”.
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