Categorie: Politica scolastica

Musica, rilanciamola con cinque scuole speciali per “talenti” dai 6 ai 18 anni

Nuovi licei musicali e riforma dei conservatori, più in generale dell’Afam, sono temi sempre più dibattuti.

Negli ultimi mesi, infatti, la formazione musicale e artistica ha vissuto periodi alterni: prima, il rilancio, anche attraverso la Legge 107/2015, poi le polemiche per il pasticcio sulle classi di concorso dei licei musicali. Ma, soprattutto, siamo in attesa dell’annunciata riforma dell’intero settore.

Ne abbiamo parlato con l’onorevole Nicola Ciracì (nella foto), dei Conservatori e Riformisti, promotore dell’intergruppo parlamentare TFA e presidente del Conservatorio Tito Schipa di Lecce.

 

Onorevole Ciracì, lei è presidente del Conservatorio di Lecce e sta seguendo da vicino le tematiche della riforma dell’Afam. Quali sono le priorità da introdurre con la riforma, per risollevare il settore?

La priorità è indubbiamente la creazione di un sistema misto con fondi Miur, Mibact e privati che seguano, come dice il ministro, il modello francese. Ma che lo potenzino anche, accorpando conservatori a livello regionale ed extra regionale, lavorando su completamento dell’autonomia, riduzione organico con incentivi al pensionamento e reclutamento nuovi docenti con regole certe e uniche nazionali.

È indispensabile creare una nuova governance degli istituti, che però non può seguire la logica corporativa del “rettore” eletto in casa, ma lo indichi tra soggetti con esperienza nella gestione della pubblica amministrazione iscritti in un apposito albo ministeriale.

 

Tra le intenzioni del Governo, c’è quella di ricostruire tutta la filiera artistico musicale, ma anche introdurre corsi propedeutici di durata limitata, dando la possibilità ai talenti di accedere in età precoce: si trova d’accordo con tali proposte?

Sono stato il primo presidente ad introdurre con entusiasmo i corsi pre-accademici: pertanto, ritengo positivo introdurre istituti musicali comunali, o meglio di area vasta, per gli studenti tra i 6 e i 13 anni a cui dedicare importanti borse di studio.

 

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Di recente, il sottosegretario all’Istruzione Angela d’Onghia ha dichiarato che è giunto il momento di ridefinire “gli standard di competenze da accertare per accogliere le iscrizioni ai Conservatori”: cosa propone a tal proposito?

Non può esistere uno standard di competenze nella musica se l’età di soglia è fissa. Mi spiego: a 14 anni non si può essere un cantante o un sassofonista, ma si è già un gran pianista. Dunque lo standard è da legare all’età: ma come si può superare il fattore età in un sistema scolastico ‘fisso’ come il nostro?

 

Ha qualche proposta in merito?

Io dico: fate tre-cinque scuole speciali per “talenti” musicali in tutta Italia. Facciamo dei college dove i ragazzi possano vivere senza dover viaggiare e perdere tempo, e facciamole aperte a tutte le età: dai 6 ai 18 anni. Attorno a queste scuole speciali, però, servirebbe una struttura scolastica agile e duttile, in grado di seguire questi talenti come gli istitutori di una volta. E vediamo se fra dieci anni non siamo i migliori del mondo.

 

In Italia esistono oggi 58 conservatori statali: i docenti assunti che vi operano sono meno di 5mila, in media 86 per conservatorio. Sono sufficienti a coprire le esigenze dei territori?

Credo che dovremmo concludere la fase del precariat , riconoscere un doppio canale ai tieffini che di fatto hanno già superato un concorso. È’ impensabile avere organici fermi al 1999. Nessun sistema formativo può essere esente dalla necessità di rinnovarsi.

 

C’è chi reclama anche la revisione dei parametri di accesso alla docenza nei conservatori: che ne pensa?

Il nuovo reclutamento dovrebbe avvenire con concorso per conservatorio nazionale: ne basterebbero cinque o sei per l’intera nazione. Bisogna ritornare a premiare competenza e meritocrazia, se si vuole tenere il passo degli altri. La questione cruciale comunque è l’internalizzazione delle istituzioni in collaborazione con il ministero degli Affari Esteri e l’Istituto di Cultura italiana, ma anche aziende e imprese tricolori presenti soprattutto in Asia. È arrivato il tempo di far sbarcare Conservatori e accademie a Pechino o Seul: d’altronde l’Afam è la vera bandiera del Made in Italy.

 

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Alessandro Giuliani

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