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Musicista ucciso a Napoli. Niente scuola e modelli sbagliati, l’assassino 16enne aveva anche precedenti: “Famiglie assenti”

Si discute ancora dell’orribile fatto di cronaca nera che ha sconvolto l’intero Paese in questi giorni: si tratta dell’assassinio di Giovanbattista Cutolo, musicista 24enne, ucciso da un 16enne armato di pistola durante una banale lite nel centro di Napoli lo scorso 31 agosto.

La scintilla che avrebbe fatto degenerare la situazione sarebbe scoppiata dopo che la ragazza di Giovanbattista, che si trovava insieme a lui, ha chiesto di spostare uno scooter parcheggiato male. Il 16enne, come riporta Il Corriere della Sera, era solito fare baldoria, tra TikTok, scorribande notturne e uno stile di vita da aspirante gangster, dalla musica ai vestiti fino ai tatuaggi e alla compagnia di amici.

Il giovane, che a quanto pare aveva abbandonato la scuola, ora è accusato di omicidio volontario. Non è la prima volta che il ragazzo ha a che fare con la giustizia. Era tornato a casa da pochi giorni dopo una condanna per truffa e quando aveva meno di 14 anni fu coinvolto insieme ad altri minorenni nell’accoltellamento di un coetaneo. Non era imputabile, non aveva l’età per esserlo. Troppo bambino, almeno per la legge.

“Non volevo uccidere”

“Non volevo uccidere, non sapevo neanche di averlo colpito e che fosse morto, dopo gli spari l’ho visto anche camminare e io sono scappato. Ho sparato per difendermi”. E ci sono altri due indagati, maggiorenni. Uno di loro avrebbe passato la pistola al 16enne, un altro avrebbe partecipato alla rissa.

Nel frattempo ieri si è svolta una manifestazione in onore del povero ragazzo ucciso, un vero e proprio urlo di dolore di una città ferita nel profondo che chiede giustizia. Il sindaco Gaetano Manfredi, come riporta Fanpage.it, ha assicurato che sta lavorando “per rendere Napoli una città più vivibile. Sono numerosi gli sforzi sul patto educativo, nella lotta alla dispersione scolastica, nel coinvolgimento dei comitati civici ai progetti di rigenerazione dei quartieri e nella collaborazione con il terzo settore. Ora è necessario compiere un salto di qualità collettivo, occorre un ampio riscatto civile”.

La scuola non basta?

“Oggi c’è un disastroso problema di disagio e devianza giovanile – ha detto Antonio De Iesu, assessore alla Sicurezza del Comune di Napoli – In questo caso la motivazione sembra essere stata banalissima. Un ragazzo con la pistola che interviene e spara rappresenta una crudeltà e una malvagità che non nasce dal fatto singolo. Ma testimonia una carica di aggressività di violenza che non è stata gestita. Un bambino di 16 anni con precedenti per tentato omicidio e truffa deve essere seguito nel suo percorso per capire se stava recuperando i valori morali. Mi chiedo: ‘È stato seguito dalle istituzioni?'”, questa la domanda che riecheggia sul web e non.

“La narrazione che servono più forze di polizia non basta. Le forze di polizia si impegnano per fare i controlli. Ma c’è stata una esplosione della movida negli ultimi anni che oggi è diffusa sul territorio. L’attività repressiva è importante, ma oggi occorre anche rivedere la legislazione sui minorenni alla luce della diversa maturità dei giovani. Un 16enne di oggi non è lo stesso di 40anni fa. Ci sono un vuoto e una inadeguatezza delle famiglie che in tante situazioni sono assenti”, ha aggiunto.

“Va fatta una riflessione sull’attuale sistema giudiziario giovanile che va rivisto alla luce della variazione della devianza giovanile e occorre un forte recupero della famiglia. Se è vero che deve essere orientato verso il recupero, poi il recupero bisogna farlo. La scuola fa un buon lavoro, ma poi i ragazzi tornano a casa dalle famiglie. La sfida si combatte sul territorio”, ha concluso.

Redazione

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