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Muti: “Abbiamo reciso le nostre radici. A scuola la musica e i musicisti si studiano poco”

Ricardo Muti, uno fra i più grandi, prestigiosi e irraggiungibili direttori di orchestra, intervistato da Aldo Cazzullo per il Corriere della Sera, dopo un excursus illuminante sui più grandi musicisti di ogni tempo: “Quando lo chiesero a Rossini, rispose: Beethoven. “E Mozart?”, gli dissero. E lui: “Mozart è fuori categoria”. Mozart è un artista indispensabile. Senza non si può vivere”, si interroga sul ruolo della musica a scuola. 

Parlando infatti di Giuseppe Verdi, dichiara: “Non posso fare a meno di Verdi. Ha ragione d’Annunzio: “Diede una voce alle speranze e ai lutti, pianse e amò per tutti”. Eppure Verdi a scuola non si studia, non si ascolta. Siamo convinti che educare alla musica i nostri ragazzi consista nell’obbligarli a suonare il piffero, traendone orrendi suoni striduli. E un genio come Da Ponte non è neppure nominato nei libri dei liceali”.

E per sottolineare questa affermazione, cita alcuni libretti di Da Ponte: “Le Nozze di figaro, Don Giovanni, Così fan tutte. “Soave sia il vento, tranquilla sia l’onda, e ogni elemento benigno risponda ai nostri desir…”. Versi che possono vivere meravigliosamente al di fuori del tessuto musicale; poi Mozart ci mette sotto una musica divina. E da una storia surreale, comica, si alza ad altezze universali”.

E in effetti, il maestro Muti sottolinea un notevole vulnus nella nostra scuola, per ciò che riguarda lo studio della letteratura italiana in generale, considerato che mentre si analizza il teatro di prosa, attraverso autori come Pirandello, Verga o D’Annunzio, ecc., si trascurano appunto i libretti delle opere liriche, scritti da non meno grandi artisti rispetto ai più noti commediografi. 

Ma non solo! Vengono del tutto esclusi i grandi della musica, coloro che hanno rese celebre il bel canto italiano in tutto il mondo e senza i cui compositori la cultura, e non solo musicale, sarebbe molto ma molto più povera. Artisti molto più noti nel mondo dello stesso Manzoni o di Leopardi e perfino forse di Dante, come appunto Giuseppe Verdi, Vincenzo Bellini, Rossini, Donizetti, Mascagni e così via. 

Otre ai libretti dunque, come quelli di Arrigo Boito o Francesco Maria Piave, mancano nella nostra istruzione letteraria anche i grandi musicisti, le cui opere immortali vengono ancora oggi eseguite in tutto il mondo, che è motivo sufficiente per istituire una classe di concorso a parte e specifica nelle secondarie di primo e secondo grado.

Conclude infatti Muti la sua intervista, dicendo: “Abbiamo perduto certi valori. Dal punto di vista artistico non siamo i degni continuatori di una tradizione che è la più grande al mondo. Non lo dico perché sono italiano; anche se ogni mattina mi alzo con un certo orgoglio di essere nato nel nostro Paese. La musica classica viene adoperata come sigla di pubblicità. Seul ha ventidue orchestre sinfoniche, di cui quattro nate negli ultimi anni. Noi ne abbiamo due. In Asia hanno capito l’importanza dell’acquisizione della cultura occidentale, in cui l’Italia ha un posto molto importante. Per loro è la premessa alla conquista dell’egemonia”. 

Non sappiamo più chi siamo. Abbiamo reciso le nostre radici”. 

Pasquale Almirante

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