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Muti: parlate di giovani a sproposito

A Spoleto, di fronte a una platea variegata di politici, imprenditori e giornalisti, si è esibita l’orchestra Luigi Cherubini, costituita 10 anni fa proprio da Riccardo Muti, e il maestro ne ha approfittato per lanciare qualche staffilata: “Sono stato accolto al mio vecchio liceo napoletano da una lapide in memoria”; “chiude un’orchestra dopo l’altra; è ovvio che per questi ragazzi le chance in Italia si riducano”. E rivolto ai giornali: “sempre pronti a inchinarsi al primo straniero venuto”. E poi che formazioni musicali, come quella che dirige, hanno non solo bisogno di essere sostenuti, ma di diventare quello che i media americani definirebbero role model e cioè modelli, fonte di ispirazione e di emulazione. Modelli di cui non solo di raccontasse o si desse per inteso, ma si enfatizzassero come valori i sacrifici, la disciplina e lo spirito di squadra, la ricerca continua di eccellenza, la soddisfazione del risultato prodotto da un impegno personale costante.
Invece nel nostro Paese si tende ad apprezzare i furbi, gli sbruffoni, chi cerca e soprattutto trova scorciatoie, e a giustificare sempre e comunque gli errori, i fallimenti, le riuscite mancate.
Gli unici modelli giovanili che siamo stati in grado di portare alle stelle in questi anni sono stati i partecipanti ad Amici e i calciatori.
I primi sono perlopiù attori mediocri di una sceneggiatura di cui non capiscono il senso, limitandosi a urlare qualche testo che non sanno spiegare, figurarsi interpretare, oppure a eseguire alla meno peggio qualche jetée: mostrare la vita degli allievi della scuola di ballo della Scala verrebbe considerato frustrante in un Paese che ama cullarsi nella certezza che anche il più piccolo sforzo meriti la vittoria o comunque gli applausi.
Dei calciatori, basti dire che i rotocalchi si sono affrettati a mostrare la Nazionale in vacanza anticipata a Miami o a Formentera dopo la clamorosa sconfitta nel Mondiale in Brasile seguita a un ritiro organizzato nello stile di un resort a cinque stelle.
Nessuna squadra è stata viziata come la nostra, nessuna ha fatto, anche in virtù di questo, per contrasto, figura peggiore.
Nessuno racconta invece le lunghe notti di viaggio dell’orchestra Cherubini prima di provare per sei ore e di suonare su un palco per altre tre, nessuno racconta e soprattutto mette in valore le ore di studio, ma soprattutto la soddisfazione di un risultato che ottenuto imponendosi rinunce, impegno e disciplina.
Anzi. L’autodisciplina viene stigmatizzata come “fonte di possibile frustrazione”.
L’Italia ha sempre la scusa pronta in tasca, la giustificazione firmata dalla mamma, l’affondo dell’ultimo minuto forse non certo, ma comunque possibile. Dai dai che ce la fa. E quando non ce la fa, può sempre andare in vacanza a Miami. Con gli applausi della mamma.

Pasquale Almirante

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