Mercoledì 30 dicembre si è consumata una brutta tragedia a Pomigliano d’Arco in provincia di Napoli, dove una ex insegnante di 63 anni si è suicidata lanciandosi dal balcone di un palazzo.
Per la donna, che si è schiantata su un’auto parcheggiata in sosta, non c’è stato scampo. Era in cura da tempo per patologie psichiche che sembrerebbe abbia contratto durante gli ultimi anni di lavoro, approfittando di un momento di distrazione del marito, è uscita fuori al balcone quasi volesse prendere una boccata d’aria, ha posizionato una sedia davanti alla ringhiera, è salita su e si è lanciata nel vuoto.
Pare che tra i motivi che l’hanno indotta a compiere il folle gesto, oltre alle turbe psichiche da lavoro correlate, l’ex docente non riuscisse più a vivere con il reddito della misera pensione da insegnante.
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E’ una triste vicenda che ci fa riflettere sul fatto che non è il primo caso di insegnante in servizio o in pensione che si toglie la vita. Forse è giunto il momento di iniziare a capire seriamente che la professione dell’insegnante è soggetta ad un serio rischio di sviluppare importanti patologie mentali a breve e lungo termine; come più volte hanno certificato e ribadito diversi studi ed eccellenti specialisti della medicina del lavoro e della psichiatria italiana ed internazionale.
La famigerata sindrome di Burnout non è un’invenzione, ma una pericolosissima patologia mentale a cui sono esposti tutti gli insegnanti, ed una volta contratta se ne rimane afflitti a vita.
Sin dalla prima metà degli anni 80 la sindrome del Burnout è stata oggetto di particolare attenzione da parte di molti studiosi, che di recente hanno descritto una quarta caratteristica rappresentata dalla perdita della capacità del controllo: la professione finisce per assumere un’importanza smisurata nell’ambito della vita relazionale e l’individuo non riesce a “staccare” mentalmente tendendo a lasciarsi andare anche a reazioni emotive, impulsive, violente, che talvolta possono anche sfociare nel suicidio.
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