Nel corso della vita non facciamo altro che narrare e narrarci, mediante storytelling di varia natura, che rappresentano dei veri e propri artefatti psicologici, in quanto frutto di processi cognitivi, affettivi, sociali emozionali e neuronali di vari segmenti della nostra vita.
Il verbo “narrare” richiama alla mente l’idea del racconto, della storia che in ambito psicologico si può intendere come il racconto di Sé.
Mentre ci raccontiamo ripensiamo al nostro “agito” e quindi ad un altro da noi che ha sbagliato, pensato e comunicato, in quanto ci autoosserviamo ed autoesploriamo nella nostra narrazione.
Il narrare è l’evento prototipico della comunicazione e rappresenta il nucleo fondante con cui gli individui danno senso alla propria esistenza.
La narrazione è lo strumento fondamentale per acquisire, comprendere e integrare i diversi punti di vista di quanti intervengono in un problema e nel processo di risoluzione. Narrare è dipanare e intrecciare eventi attorno ad un centro attribuendo un senso ed un significato specifico.
Le narrazioni autobiografiche possono aiutare i ragazzi a credere nelle loro capacità, elemento chiave per riuscire e per imparare (Marsch, 1986).
Per apprendere a scuola bisogna esistere e agire nel contesto narrativo. Sono molti i ragazzi che vivono accettando passivamente, piuttosto che narrare attivamente.
La capacità di raccontare la propria storia influisce sulla strutturazione del Sé fino ad arrivare al Sé narrativo come ultima tappa dello sviluppo evolutivo (Stern,1985).
La scuola può e deve formare allievi responsabili, utilizzando le narrazioni nei processi formativi.
Raccontarsi diventa lo strumento per rappresentare il passato, trasformare il presente e prognosticare il futuro;la narrazione diventa negoziazione momento dopo momento per l’individuo,per identificarsi e relazionarsi (Russel, Wandrei, 1996) positivamente con il gruppo dei pari e con gli adulti.
Il processo formativo comprende legami relazionali quanto mai complessi e articolati tra insegnanti, alunni e la realtà contestuale di riferimento.
Diventa fondamentale sostenere i processi di apprendimento attraverso la sperimentazione di metodologie narrative (in particolare di carattere laboratoriale).
Occorre che i docenti riprogettino i saperi, puntando sulle metodologie narrative, dopo aver proceduto ad un’attenta valutazione formativa,utile a rendersi conto del perché determinati processi formativi non ottengono risultati programmati (Notti, 2010).
Le narrazioni diventano, così, attività di enunciazione di senso, ancorate ad un orizzonte culturale di attese condivise e specificate di volta in volta in un determinato contesto che racchiudono il linguaggio interno (per se stessi)e il linguaggio esterno(per gli altri). L’alternanza nel turno di parola permette agli allievi di partecipare in maniera ordinata alla narrazione, che per ampi segmenti si svolge come una libera successione di enunciati (Mosconi,1978).
La dimensione narrativa può essere,quindi, un valido strumento educativo. Attraverso di essa si possono offrire agli studenti occasioni per conoscere e controllare le loro ansie e le loro emozioni, stimolando la creatività e la flessibilità cognitiva.
Le narrazioni rappresentano il risultato di un momento percettivo, metafora del modo in cui l’osservatore ha di percepire il mondo, del suo modo di essere,di relazionarsi,di vedere quello che gli è intorno (Rossi, Rubechini,2004).
Il linguaggio narrativo consente all’individuo di raccontare storie, avvalendosi di scelte linguistiche che costruiscono la sua identità personale e sociale, in quanto rendono più o meno trasparente come egli si colloca nella rete dei resoconti, che la società mette a disposizione per spiegare gli eventi (Harrè e Gillett,1994).
La prospettiva psicologica qui sostenuta e promossa è quella di orientamento narrativo per il successo formativo, come tecnica di self-help, in grado di consentire all’allievo di diventare protagonista delle proprie scelte formative. Questo stimolo continuo è importante per favorire nei ragazzi la ricerca di se stessi e l’assunzione delle proprie responsabilità, consentendo loro di “progettare” la propria vita affettiva, sociale, cognitiva, emozionale in un continuo divenire.
Maria Anna Formisano