Può accadere? Sì, può accadere ed è accaduto a una docente che si è vista recapitare a casa la raccomandata dell’Inps con cui le si chiedeva di restituire entro 20 giorni la somma di 20.825 euro, relativa agli emolumenti pensionistici percepiti dal primo settembre 2014 al 31 dicembre 2015 nelle more del giudizio che ha portato alla reintegra in servizio della docente.
In altre parole, la prof, contrariamente a tante altre sue colleghe, voleva rimanere dietro la sua cattedra e, appellandosi alla parità dei diritti, aveva chiesto al giudice di essere equiparata all’età pensionabile degli uomini che, come è noto vanno in quiescenza dopo le donne.
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E il giudice del lavoro aveva infatti disposto la reintegra della docente a far data dal primo settembre 2014, dopo oltre un anno di pensionamento forzoso, in quanto provvedimento giudicato illegittimo per violazione del principio di non discriminazione.
Ma ecco in agguato l’amara sorpresa. A causa della durata del procedimento giudiziale e dei tempi amministrativi la docente, infatti, prima di essere reintegrata sul posto di lavoro percepiva per ben 16 mesi la pensione ma non gli arretrati dello stipendio a copertura di tale periodo. Ora le viene intimato di restituire la pensione in unica soluzione, entro 20 giorni per totali 20.825 euro. L’insegnante commenta: “non ho tutti questi soldi, li ho impiegati per vivere, e ora, se l’Inps insiste nella richiesta, andrò a mangiare alla mensa della Caritas per sopravvivere”. Gli avvocati della donna si sono subito mobilitati per denunciare al Miur e all’Inps l’assurdità della vicenda, precisando che la docente si restituirà i soldi della pensione ma soltanto dopo che avrà ricevuto dal Miur gli stipendi per 16 mensilità. “In caso contrario”, assicurano i legali, “la vicenda continuerà di certo in Tribunale”.
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