L’International Digital Economy and Society Index (DESI Index) del 2018 colloca L’Italia tra i paesi “a basso rendimento” (insieme a Slovacchia, Cipro, Croazia, Ungheria, Polonia, Bulgaria, Grecia e Romania) con una particolare menzione “disonorevole” rispetto alla formazione digitale del “capitale umano”.
Negare il digitale non è pensabile, come sarebbe estremamente dannoso trasferire tutta la didattica nella tecnologia. Si deve trovare un equilibrio, è necessario ripensare la didattica perché non si può pensare che i ragazzi studino, lavorino, interagiscano in modalità troppo diverse da quelle che utilizzano nella vita quotidiana. Il cambiamento sarà possibile solo quando si avranno chiare le criticità e le positività che il digitale provoca nei processi di apprendimento dei bambini e dei ragazzi.
E’ indispensabile capire come sia possibile sviluppare al meglio le potenzialità cognitive degli alunni di oggi, come poter gestire le loro emozioni (il docente, come spesso il genitore, ha perso di autorevolezza agli occhi del ragazzo), come poter condurre ad una seria consapevolezza dei pericoli insiti nella rete e ad un’etica dell’informazione, ad un senso critico che non è solo capacità a orientarsi nell’ambiente internet ma nella loro vita di cittadini digitali.
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