Sento sempre più spesso dibattere, negli ambienti scolastici, della necessità di far iniziare più tardi le lezioni per permettere agli studenti di dormire il giusto tempo.
Cosa sicuramente sacrosanta, ma – mi chiedo- , non sarebbe più opportuno andare prima a letto di sera? E quanta colpa hanno questi ragazzi, che, appassionandosi a un film in prima serata, sono inevitabilmente costretti a stare davanti allo schermo fino alle 23:30? Come mai nessuno in Italia si è accorto, o perlomeno nessuno ne parla, che negli ultimi 25 anni, gradualmente, le principali reti televisive hanno tolto un’ora di sonno agli italiani e quindi anche agli studenti? Fino alla fine degli anni ottanta, la prima serata coincideva con la programmazione di un singolo film per la famiglia o spettacolo di varietà, che iniziava verso le 20:30, appena dopo il telegiornale della sera, e terminava verso le 22:30, segnando il momento di andare a letto per la maggior parte delle persone.
Con l’arrivo di Striscia la notizia la prima serata è progressivamente slittata di circa tre quarti d’ora. Anche la RAI si è man mano adattata a questo formato e ha posticipato l’orario della prima serata, attualmente alle 21:15, ma evidentemente è destinato a scivolare alle 21:30. Molti diranno che il motivo è legato al cambio delle abitudini degli italiani, ad internet, agli smartphone, ai social e che quindi le reti televisive si sono dovute adeguare.
Siamo proprio sicuri che il motivo sia questo? Quello che è certo è che, tenendo gli spettatori un’ora in più davanti al televisore, le reti televisive hanno aumentato gli introiti pubblicitari. Penso che non si debba parlare di un adattamento alle nuove abitudini della popolazione, quanto piuttosto dell’esatto contrario, cioè un imporre nuove abitudini agli italiani. Fatto sta che gli orari di inizio delle attività lavorative mattutine e della scuola non sono cambiati. Ciò ha comportato di conseguenza la perdita di un’ora di sonno.
Quindi, – sulla base di molte ricerche che attestano aumento degli infortuni e dello stress sul lavoro, riduzione della concentrazione, della resa scolastica, della produttività e tanto, tantissimo altro – non sarebbe forse il caso di aprire un dibattito nazionale su questa problematica?
Giovanni Ruggiero
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