“Formazione iniziale e tirocinio”, “Fit”, è il nuovo percorso triennale per consentire ai prof la cattedra nelle scuole secondarie di primo e secondo grado.
Come è noto per infanzia e primaria l’attuale laurea, riformata nel 2008, è già titolo per accedere all’insegnamento.
Una lettera al Domenicale di ieri del “Sole 24Ore” ribadisce quanto il Governo intende fare per eleminare definitivamente le abilitazioni e il precariato soprattutto.
Dopo la laurea magistrale, e con 24 Cfu acquisiti anche in forma extracurriculare in discipline antro-psicolo-pedagogiche, i futuri prof potranno partecipare subito a un concorso con una prova orla e due scritti, sembra molto rigorosa. Chi lo supererà, e solo costoro, si inserirà in un percorso triennale, gestito in collaborazione scuole e università, immediatamente teorico-pratico: il primo anno sarà finalizzato al conseguimento del diploma di specializzazione; il secondo e il terzo anno servirà per diventare docente, con una fetta consistente di “esperienza diretta” in classe.
La novità sta nel fatto che il “Fit” è un contratto di lavoro a tutti gli effetti e quindi sarà retribuito (il terzo anno in analogia a una supplenza annuale), potrà essere sospeso per impedimenti temporanei, fino ad arrivare alla vera e propria risoluzione nel caso di assenze prolungate e ingiustificate, mancato conseguimento del diploma di specializzazione, o se non si superano le valutazioni intermedie.
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Al termine del “Fit” l’insegnante passa di ruolo: firmerà un incarico triennale, e sarà assegnato all’ambito territoriale presso il quale ha prestato servizio l’ultimo anno.
I tirocinanti “provvederanno durante il triennio a svolgere, almeno in parte, le supplenze necessarie alla scuola. Non più graduatorie ad accumulo punti, corsi abilitanti vari, concorsi elefantiaci a scadenza imprevedibili bensì un sistema regolare nel tempo”.
Il “concorso-corso” è a cadenza biennale, tre prove: due scritti e un orale, partirà subito, già nel 2018 (resta sempre in piede il 50% di assunzioni da Gae): ma per vedere effettivamente in cattedra i nuovi giovani professori bisognerà attendere almeno il 2022.
“La sfida ha anche natura epistemologica. Servono docenti non solo ben preparati ma anche dotati di quelle professionalità pedagogiche relazionali e organizzative che consentano loro di traghettare una scuola molto centrata sulle conoscenze verso una in cui conoscenze e competenze si integrino armoniosamente”: saper trasmettere insomma sembra la nuova parola d’ordine, e poi “condividere, innovare, organizzare i saperi nel rapporto educativo con gli studenti e gli altri docenti”.
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