Ha fatto molto discutere negli ultimi mesi il nuovo sistema di reclutamento dei docenti: il decreto legge 36/2022, poi convertito nella Legge 79/2022 del 29 giugno scorso, ha infatti reso più lungo e difficile il percorso di accesso alla professione. Con una minima considerazione per i precari di lunga data, ai quali viene fornita solo una strada semplificata per accedere ai concorsi pubblici. Disco rosso, quindi, per le tanto invocate immissioni in ruolo riservate ai supplenti con almeno 36 mesi di servizio, il titolo d’accesso richiesto per l’accesso alla classe di concorso e l’abilitazione all’insegnamento. Una ritrosia che ha bloccato sul nascere la richiesta, anche pressante, di reintrodurre il cosiddetto “doppio canale”, già in passato adottato per fare fronte a situazioni di emergenza.
Sul ‘no’ alla stabilizzazione dei docenti sulla base dei titoli e servizi svolti, ha pesato tantissimo il veto del primo partito dell’ormai finito Governo Draghi, il M5s, che negli ultimi quattro anni e mezzo si è sempre opposto a quella che considera una vera e propria “sanatoria”.
Ma anche Pd, Italia viva e Forza Italia si sono detti sostanzialmente d’accordo nell’interpretare alla lettera l’articolo della Costituzione che prevede l’assunzione nei ruoli dello Stato solo tramite concorso.
Dalla Lega, invece, è giunta in più occasioni la richiesta di cancellare il precariato applicando la direttiva europea che ostacola la reiterazione dei contratti a termine, la 70 del 1999, andando ad assorbire nei ruoli dello Stato tutti gli abilitati con almeno tre anni di servizio alle spalle.
Secondo il senatore Mario Pittoni, responsabile del Dipartimento Istruzione della Lega e vicepresidente della commissione Cultura, “si dimentica che gli uffici scolastici sono costretti ogni anno a cercare 150/200 mila supplenti. Per non parlare delle carenze che coinvolgono il personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) senza il quale – conclude Pittoni – le scuole neanche aprono”.
Il tema è entrato tra quelli più citati in questo nell’inizio della campagna elettorale che porterà gli italiani alle urne il prossimo 25 settembre.
Ai lettori della Tecnica della Scuola, quindi, chiediamo cosa pensano di un modello di reclutamento di questo genere, con le assunzioni da aprire anche i precari di lungo corso: una modalità che, tra l’altro, andrebbe a colmare quei tanti vuoti di cattedre che hanno portato l’Italia al record di assegnazione di supplenze annuali (oltre 200 mila). Una circostanza che quest’anno potrebbe ripetersi, considerando le ancora tante graduatorie dei precari esaurite e i ritardi nella formazione delle liste di vincitori dei vari concorsi (ordinari e straordinari) svolti nell’ultimo anno.
C’è però anche da fare una considerazione: cosa direbbe l’Unione europea se passasse questa forma di reclutamento, con una via preferenziale per determinati lavoratori e quindi con l’aggiramento del concorso pubblico ordinario classico? Più di qualche politico ha già detto che l’Italia non farebbe una bella figura.
Cosa troverete nel sondaggio
Si dovrebbe spingere sull’immissione in ruolo dei precari con selezione per soli titoli? Siete favorevoli o contrari?
Le immissioni in ruolo 2022 continuano a tenere fuori una platea molto vasta di precari. I concorsi scuola non permettono la stabilizzazione del precariato e producono con il loro nozionismo anche un alto numero di bocciati. L’anno scolastico 2022/23 si profila, quindi, per l’ennesima volta, all’insegna di cattedre vuote e precariato. La Tecnica della Scuola interroga i propri lettori sull’argomento.
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