Un libro sulla scuola, raccontata da una mamma che però non è una docente e fa tutt’altro nella vita professionale. È capitato rare volte ma questa volta Maria Pia Baroncelli, l’autrice di “Tutta la vita all’ultimo banco. Contro una scuola solo per gli studenti migliori”, Zolfo edizioni, 18,00 €, ci riesce perfettamente a parlare di scuola senza sbavature didattiche, saccenterie normative, sapienze accomodate o logorate dall’uso abusato.
Da un lato racconta la sua esperienza di alunna: dalle scuole elementari all’università, passando per il liceo classico che ha odiato; e dall’altro le vicende del figlio Antonio che per lo più ha subito le stesse avventure scolastiche, fra cui stare sempre all’ultimo banco, quello degli asini per sentirsi così diverso dai compagni e dunque dal mondo intero. Ma anche lui si è alla fine laureato.
Tuttavia, nel terzo millennio e a Milano, la condizione in cui si trova il figlio non piace alla mamma che, essendo impegnata ogni pomeriggio a dargli le immancabili ripetizioni, capisce che qualcosa non funzione e, insospettita, lei non la maestra che l’aveva giudicato poco incline allo studio, lo fa visitare, scoprendo così che il ragazzo ha disturbi specifici dell’apprendimento. Come lei del resto scopre di avere che, interpretando i segnali che ogni giorno ha raccolto da Antonio, si sottopone alla stessa visita specialistica, scoprendo così la sconosciuta realtà, ma sospettata da sempre: Dsa con coinvolgimento dell’abilità di scrittura, lettura e calcolo.
Questa in qualche modo la cornice dentro cui Baroncelli dipinge la disamina puntuale della scuola italiana; l’occasione per puntare il dito sia contro una istruzione sempre più classista ed esclusiva, incapace di mettere in funzione l’ascensore sociale, maldestra nel curare ma brava a isolare nel banco degli asini, sia sul ruolo e la funzione dei docenti, spesso distratti, talvolta pure poco preparati e dunque non all’altezza di capire gli alunni, venendo incontro alle loro esigenze.
Libro interessante, ben scritto e argomentato, come si diceva, senza saccenteria, ma capace di esaminare con coerente studio e lucida analisi persino i vari corsi di studio, le differenze fra professionali e licei, e fra licei e licei come pure fra tecnici e tecnici, compresi i curriculum.
Le due esperienze insomma, quello della mamma e del figlio, come spunto per raccontare la nostra scuola in tutte le sue sfaccettature, mentre scorrono gli anni scolastici italiani compresi fra il 1970 e il 2020, fino a ridosso della pandemia.
Un libro sulla scuola dalla parte dei genitori? Sicuramente, ma senza dito puntato contro i prof, nella convinzione che se non tutte le scuole sono uguali, essendoci quelle di ottimo livello e le altre, allo stesso modo non tutti i genitori sono pronti a tirare pugni o a essere gli avvocati dei figli.
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