In questi ultimi giorni si è sviluppata un’accesa polemica sulla distribuzione geografica dei posti disponibili per il prossimo concorso a cattedra. Tutto comincia con la riduzione di 398 posti volatilizzatisi nel giro di poche decine di ore nella regione Sicilia. Conoscendo dal bando di concorso l’esatta distribuzione numerica dei posti a cattedra per regione, è facile fare una semplice somma dei posti riservati alle regioni del Nord e compararla con la somma di quelle del Sud.
Per il Nord abbiamo Veneto (509), Piemonte (606), Lombardia (1.361), Liguria (196), Friuli Venezia Giulia (137), Emilia Romagna (716) per un totale di 3.525
Per il Centro: Abruzzo (335), Toscana (793), Marche (211), Umbria (150), Lazio (1049), Molise (64) per un totale 2.602
Per il Sud abbiamo Sicilia (1.194), Calabria (787), Basilicata (155), Puglia (981) e Campania (1.658), Sardegna (280) per un totale 5055.
I valori numerici indicati evidenziano un certo equilibrio, anche se al Nord sono da considerare gli ulteriori posti da computare per le regioni a statuto speciale quali la Valle D’Aosta e il Trentino Alto Adige, mentre al Sud le isole di solito nei dati statistici sono scorporate dal Meridione (Italia insulare).
Infatti, l’Italia Insulare è una delle macro-aree che compongono, per convenzione, l’Italia, cioè quella formata dalle due isole maggiori e dalle loro rispettive regioni, la Sicilia e la Sardegna.
Ma la domanda di fondo è: non sono questi argomenti di lana caprina in uno Stato Unitario?
E non solo. La logica della distribuzione delle cattedre non deve avere forse come base cardine le esigenze degli alunni e quindi il calcolo delle cattedre fatto avendo di mira solo l’effettivo vuoto di organico?
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