Un altro punto controverso, e già sul calendario delle discordie, è stato inserito nell’accordo di programma governativo, il cosiddetto “Contratto”, tra Lega e 5 Stelle, riguardante questa volta il rapporto tra lo Stato e i Rom, quelli che una letteratura popolare con venature perfino romantiche fino a qualche decennio fa definiva “zingari”.
In pratica tra i due schieramenti è stato concordato la chiusura di tutti “i campi nomadi irregolari in attuazione delle direttive comunitarie”, l’obbligo di frequenza scolastica dei minori “pena l’allontanamento dalla famiglia o perdita della responsabilità potestà genitoriale”.
Questi gli elementi più appariscenti e in ogni caso già sufficienti a fare scattare la reazione di diverse associazioni che seguono i Rom, quei nomadi insomma su cui la Lega, soprattutto, da tempo ha accenso i riflettori.
Di “pastrocchio che potrebbe generare una deriva razzista” parla il presidente dell’Associazione 21 Luglio, Carlo Statolla, così come Marco Brazzoduro, ex docente della Sapienza e attualmente presidente dell’associazione Cittadinanza e minoranze, che sottolinea la “inaccettabile discriminazione sui Rom contenuta nel contratto”.
Intanto, secondo le associazioni vicine ai Rom, i numeri riportati nel Contratto sono sbagliati, non sarebbero infatti “40mila i Rom che vivono nei campi ma 26mila, come è scritto nel rapporto annuale che presentiamo in Senato. E non c’è nessuno studio che dimostri l’aumento esponenziale di reati commessi da chi vive nei campi, come è sostenuto nel capitolo. Stiamo predisponendo comunicazioni urgenti all’Unione Europea per lanciare un allarme xenofobia che potrebbe paventarsi alla luce di questo documento”.
“La chiusura dei campi si configura come un’espulsione di massa in barba trattati europei, visto che si tratta di persone comunitarie. In ultimo l’ordinamento dell’Ue non parla di campi rom perché sono una realtà solo italiana”.
In altre parole dunque il riferimento all’Ue sarebbe ina forzatura per giustificare la manifesta caccia al diverso, per cui “il capitolo sui campi nomadi parte sotto il segno di un dichiarato razzismo. La questione dei Rom negli insediamenti, sia autorizzati che spontanei, è una questione di povertà e rientra nel capitolo contrasto della povertà. Qui in Italia si fa la lotta ai poveri non alla povertà”.
Per quanto riguarda invece la frequenza scolastica, le associazioni, chiariscono: “E’ assurdo leggere poi di allontanamento dalle famiglie di minori Rom che non frequentano la scuola, allora lo facciano anche con gli italiani, vista la crescente dispersione e l’abbandono scolastico. Questo è un chiaro esempio di discriminazione che va solo contro quel gruppo etnico. L’Unione Europea ha ripetutamente suggerito all’Italia di superare i campi rom che rappresentano una ferità alla dignità umana. Ma non in nome degli sgomberi e di gente che si ritrova in mezzo alla strada, cosa illegale sul piano del diritto internazionale”.
In riferimento ai numeri, tuttavia, occorre pure annotare che, se tra i Rom il tasso di abbandoni e dispersioni raggiunge anche il 95%, in Sicilia siamo a quota 23%, con punte perfino di oltre il 35/40%, registrate nelle scuole cosiddette di frontiera.
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