Basta dare un’occhiata alle voci del capitolo spesa PNRR, per rendersene conto, un inaccettabile futuro prossimo ci aspetta riguardo ai due settori chiave della nostra società: scuola e sanità.
È chiaro che per affrontare un rientro a scuola in presenza nelle migliori condizioni, già in questi due anni (oltre che in prospettiva futura) si sarebbero dovuti prevedere ben altri finanziamenti anche nel settore sanità, soprattutto per assumere quel personale che fino a poco tempo fa mancava solo a chi aveva la sfortuna di incappare in problemi di salute, oggi, in una situazione straordinaria abbiamo scoperto che manca a tutti.
Tra le altre cose, infatti, un sistema di tracciamenti adeguato avrebbe potuto giovare alla scuola in presenza, ma si possono fare tracciamenti efficaci solo se c’è abbastanza personale, oltre che strutture dedicate e una mente in grado di gestirli in modo razionale ed efficace.
Diversamente si verifica quello che sta accadendo in Campania e in molte altre regioni, dove a distanza di due anni, il caos è ancora imperante, le strutture ospedaliere sono in sofferenza e il personale sanitario è ridotto a fare i salti mortali per rispondere alle esigenze del momento e non lasciare indietro nessuno.
Come un mantra, ci siamo sentiti ripetere sin da marzo 2020 che la soluzione al problema era sempre due settimane più in là, e invece, quasi senza accorgercene, i quindici giorni sono diventati due anni e scuola e sanità arrancano quasi come al principio.
Non è solo il presente che spaventa, ma il fatto che continuiamo a navigare nel buio, in un’assenza totale di prospettiva e progettualità, sintetizzata benissimo in quel 24% di fondi PNRR spalmato come una coperta troppo corta fra le esigenze della Salute e quelle dell’Istruzione, mentre il restante 76% se ne va alla transizione digitale ed ecologica.
Il messaggio sotteso è chiaro: l’importante è rivestire di digitale ogni aspetto della nostra vita, poi con quello che avanza ci curiamo e c’istruiamo, che, al netto di tutto, significa “chi ha i soldi si cura e studia – gli altri s’arrangino”. Una logica improponibile per un paese che ha fondato se stesso su una costituzione democratica.
Accettare che Istruzione e Salute siano quasi delle “sottocategorie” della digitalizzazione e “della rivoluzione verde” sa tanto di distopia orwelliana. Semmai è vero il contrario: viene prima ciò che è necessario e dopo ciò che ne deriva per naturale conseguenza: cittadini sani ed istruiti sapranno certamente prendersi cura di sé, degli altri e del pianeta e saranno in grado di dominare la tecnologia senza lasciarsene sopraffare.
Ma non è tutto, vale la pena fare anche qualche altra considerazione: a fronte di 30 miliardi complessivi destinati all’istruzione dal PNRR, servirebbero, invece, secondo stime recenti, circa 200 miliardi per interventi esclusivamente strutturali sugli edifici scolastici, tra opere di ammodernamento, ristrutturazione e nuova costruzione, ciò equivale all’11% del Pil e a tre anni dell’attuale spesa complessiva dedicata all’istruzione. In quest’ideale operazione di restyling non possiamo non metterci, ovviamente, la realizzazione di impianti di aerazione nelle aule per il ricambio e la sanificazione dell’aria, mentre attualmente l’investimento Scuola 4.0 prevede semplicemente la creazione di aule digitali d’avanguardia. Ergo, con sempre maggiore evidenza, sembra esserci il tentativo subdolo di incoraggiare forme di “scuola” che consentano allo stato di risparmiare nascondendosi dietro il miracolo irrinunciabile della tecnologia, forme che da emergenziali, quali dovevano essere, rischiano in questo delirio collettivo di diventare una prassi rispetto alla quale non potremo più tornare indietro.
A noi il compito e la responsabilità di riportare il dibattito a riflettere seriamente su quale scuola vogliamo costruire, sottraendolo al tifo da stadio che anche in questi giorni è stata una tentazione diffusa, ma che non porta a niente. È da quelle fette irrisorie della torta lasciate a Istruzione e Salute che dovremmo ricominciare. D’altronde quei fondi sono sulle spalle dei nostri figli e nipoti. Lo dobbiamo almeno a loro, per il mondo che intendiamo lasciare in eredità.
Giorgia Loi
Movimento La Nostra Scuola