Occorre fare un vero saggio breve per spiegare alla professoressa in questione cosa si intende oggi per “saggio breve” (s. b.).
Il saggio, propriamente detto, è uno scritto critico in prosa, a carattere scientifico o divulgativo, su un determinato argomento scientifico, politico, filosofico, letterario, storico, storiografico, artistico o di costume, affrontato in modo libero, con minore sistematicità e oggettività rispetto allo studio o alla monografia. Un saggio – secondo il sistema anglosassone – è come un assaggio di un lavoro più ampio e più sistematico e viene all’esame è richiesta la brevità di un testo, utile a fornire la prova di un’abilità specifica. Il saggio moderno è comunque figlio della trattatistica del passato. Il Principe di Machiavelli ne è un mirabile esempio letterario.
Così come la “Summa Teologiae” di Tommaso d’Aquino si può definire una enciclopedia di saggi brevi perché costituita da centinaia di “quaestiones” (= “querelles”), che sono sviluppate come saggi brevi su diversissimi argomenti e rispettano un iter metodologico costante: la proposta della tesi, l’elenco di alcune obiezioni contrarie, la soluzione del problema scritta in prima persona (“respondeo”) attraverso una sua personale trattazione. Questa in sintesi è la forma di scrittura detta s. b. Per inciso, anche l’argomento con cui il candidato inizia il colloquio (detto vg. “tesina”) è un vero e proprio s. b.
Recentemente la prof.ssa Cristina Di Bernardo ha scritto che il s. b. è una forma di scrittura argomentativa nella quale chi scrive si propone di fornire un’interpretazione e di esprimere un giudizio di ciò su cui scrive. Lo scopo del s. b. è quello di persuadere il destinatario. Occorre quindi, come avveniva ne passato, “presentare il problema che ci si prepara a discutere, affermare la propria tesi con argomenti favorevoli a sostegno di essa, confutare gli argomenti e le tesi contrarie e concludere facendo il bilancio consuntivo di quanto si è detto a dimostrazione della ragionevolezza e della validità della tesi stessa”.
Il tema di italiano, che di solito si fa durante l’anno, è in sostanza un s. b. senza però l’uso di alcuna fonte o documenti di riferimento. Ma già nei corsi sperimentali (nati tutti dal progetto “Brocca” del 1988), era consigliato agli alunni l’uso di testi scolastici e non, di riviste, di giornali e di ogni strumento e possibilità disponibile a scuola. Nella prima prova di esame, col s. b. bisogna dimostrare di essere in grado di sviluppare e argomentare su proprie opinioni sulla base di alcuni documenti forniti dalla traccia ministeriale.
Occorre perciò definire il problema o argomento, enunciare la tesi da sostenere, esporre gli argomenti a favore della tesi propria e quelli antitetici e contrari (cercando di confutarli) per concludere senza retorica o trionfalismi. Come premessa ai quattro argomenti della tipologia “B” il ministero pone al candidato delle “consegne” obbligatorie: “ Sviluppa l’argomento scelto o in forma di «saggio breve» o di «articolo di giornale», utilizzando, in tutto o in parte, e nei modi che ritieni opportuni, i documenti e i dati forniti. Se scegli la forma del «saggio breve» argomenta la tua trattazione, anche con opportuni riferimenti alle tue conoscenze ed esperienze di studio. Premetti al saggio un titolo coerente (…)”
Ma se dunque il candidato per scrivere il s. b. può fare riferimento alla “proprie conoscenze ed esperienze di studio” perché dovrebbe essere costretto ad usare la forma impersonale della terza persona? Forse per imitare Cesare nel “De bello gallico” e/o nel “De bello civili”?
Scrive il prof. Alberto Cavaglion : “Uno dei problemi che rende ardua la comprensione della nuova prova di esame d’Italiano è la definizione di s. b. Si tratta di un testo scritto che consiste nella trattazione di una tematica riguardo alla quale si sia in possesso di una certa documentazione e di cui si sia elaborata una personale interpretazione”.
Le difficoltà e gli equivoci nascono quasi subito. Mentre è obbligatorio fare ricorso ad una documentazione ( a sua volta allargabile con ulteriori ricerche personali) non è vincolante il modello di scrittura.
Il candidato dovrà dimostrare di sapersi muovere con destrezza dentro l’ambito prescelto, ma è totalmente libero di ritagliarsi un suo spazio personale e di scegliere, all’interno dell’argomento dato, una strada tutta sua per affrontarlo. la tesi può essere esposta in terza persona, in modo impersonale o in prima persona (le prime due forme sono più oggettive e quella impersonale suona come universale; la prima persona indica maggiore convinzione circa quanto si dice e maggiore responsabilità). Il linguaggio della saggistica, comunque, è sempre formale, preciso e specifico.
La brevità e la sinteticità sono doti supreme per la stesura di un buon elaborato. La stesura dovrà essere prevalentemente di tipo argomentativo: si tratterà cioè di descrivere, indicare, esporre e spiegare le ragioni degli altri confrontandole con le proprie. A differenza di un tema, il s.b. non richiede una introduzione. Si potrà entrare subito in medias res, perché si dà per scontato che il lettore medio, cui s’indirizza il nostro testo, conosca l’argomento.
Si consiglia (ma non è obbligatorio oggi) l’uso del presente storico, cioè della forma verbale assertiva per eccellenza. Meglio se il presente storico è confortato da una terza persona impersonale, sostituita dal pronome Io soltanto nella parte conclusiva del lavoro, laddove sarà bene mettersi in campo direttamente, con una valutazione personale piuttosto energica. Per una scrittura più brillante e colorita – chi la possiede non abbia timori – meglio però scegliere la forma dell’articolo di giornale. Il s.b. esige un minimo di serietà professionale, ma non esclude, ove necessario, il ricorso agli strumenti della polemica, ai toni accesi del dibattito culturale, se l’argomento lo richiede e soprattutto se si hanno argomenti adeguatamente documentati da mettere sul piatto della bilancia.
Il tono e il registro dovranno essere quelli di un buon manuale o, appunto, di un saggio d’autore. Alla fine sia lui a scegliere un titolo per il suo elaborato: titolo che naturalmente dovrà essere premiato tanto più sarà congruente con il ragionamento svolto.
Saggi (Essais) è il titolo di un’opera di Michel Eyquem de Montaigne. Si tratta di un’ampia raccolta di brani di varia estensione, in cui l’autore tratta di molti argomenti da un punto di vista soggettivo e personale.
Il termine francese Essai significa “esperimento”, “tentativo” o “prova”… Il s. b. fa parte della prima prova di esame e la commissione può “saggiare” e accertare la padronanza della lingua, le capacità logiche e critiche e la personale creatività dei candidati (cfr. DM 356, 18/9/1998 e DM. N41, del 23/4/2003).
La professoressa di Italiano, commissaria ad Acireale (CT), è la prima invitata al prossimo convegno studi sull’Esame di Stato.
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