“La pubblicazione dell’indagine Pisa sulle competenze economico-finanziarie dei quindicenni ha dimostrato che peggio dell’Italia fa solo la Colombia”, scrive Fini, e su quei dati si capisce che alcune regioni italiane hanno risultati nella media Ocse, ma le regioni meridionali fanno abbassare la media nazionale, con risultati pessimi.
“È evidente che la questione è molto importante perché se la “buona scuola” dovesse fermarsi poco sotto il Po (o al massimo l’Arno), avrebbe fallito in partenza i suoi scopi. Ed è evidente che in una Paese dove l’istruzione ha ancora connotati centralistici una così marcata e duratura diversità esige delle possibili ipotesi interpretative”.
Riconosce il presidente dell’Associazione che “i cattivi risultati sono collegati anche a elementi materiali, come la diversa dotazione di Pil pro-capite fra le regioni italiane, ma ciò soltanto “non risolve il puzzle. Infatti l’evidenza empirica dimostra che esiste una forte correlazione fra il livello di Pil pro-capite e il grado di scolarizzazione” e se la scolarizzazione è bassa, si abbassa anche il reddito. “Già, scrive Fini, ma è nato prima l’uovo o prima la gallina? In altre parole qual è la causa e quale l’effetto?”
Inoltre, scrive sempre il presidente, “è sufficiente il reddito pro-capite a giustificare la situazione negativa del sud? Se lo fosse dovrebbero essere in posizioni dietro dell’Italia paesi che invece la precedono nel ranking Pisa”.
Lo stesso Miur ha fatto rilevare, sulla base del “Quaderno Bianco sull’Istruzione” che “il livello di competenza matematica di un ragazzo del Nord che ha avuto 4 in pagella è uguale a quello di un ragazzo del Centro che ha avuto 6 e superiore a quello di uno studente del Sud che ha avuto 7. Sembra, in altre parole che al sud i docenti siano più larghi di maniche rispetto ai loro colleghi del nord! Ora, poiché non sembra possibile evocare una diversità di comportamento dovuta alle diverse latitudini tra nord e sud, è probabile che la differenza di comportamento dipenda dalla diversa aspettativa sul futuro dei ragazzi che hanno i loro docenti”.
“Come dire: visto che ti aspetta un futuro da disoccupato, almeno non ti faccio soffrire mentre sei a scuola! È solo un’ipotesi, che peraltro esigerebbe un robusto supplemento di indagine, resta il fatto che in una scuola unitaria, non soltanto le competenze sono marcatamente diverse, ma anche la loro valutazione sembra rispondere a criteri molto differenti. Chi si occupa di ‘buona scuola’ dovrebbe tenerne conto”.
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