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Nella legge di stabilità riforma epocale per la scuola. Sindacati sul piede di guerra: no ai colpi di mano

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I sindacati della scuola tornano a farsi sentire. Dopo le proteste, con scioperi di un’ora indetti dai Confederali per il blocco dei contratti e la mancanza di investimenti per il settore, stavolta i malumori arrivano per la legge delega su istruzione università e ricerca. In base alla quale il Governo si appresterebbe a varare una forte riforma al settore dell’Istruzione, incidendo pesantemente sull’organizzazione scolastica e sullo stato giuridico del personale.
A dirlo, senza giri di parole, è stato Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, intervenuto il 15 novembre Salerno all’assemblea di oltre 300 delegati Rsu della Campania.
“Se davvero il Governo vuole seguire questa linea – prosegue Di Meglio – il ministro Carrozza non può esserne all’oscuro e, dunque, le chiediamo di chiarire subito i contenuti di questa legge delega. Riteniamo molto grave che un Esecutivo di transizione possa anche soltanto pensare di mettere mano a una riforma epocale scavalcando il Parlamento e ignorando totalmente il mondo della scuola”.
Il coordinatore nazionale della Gilda ha lanciato anche l’allarme sul collegio dei docenti che, a quanto sembra, rischierebbe di essere trasformato in un organo meramente consultivo: “Se questa notizia risultasse fondata – dichiara Di Meglio – sarebbe preferibile abolirlo perché non diventerebbe altro che un’ulteriore perdita di tempo per i docenti ridotti sempre più a burocrati. Se confermato, questo colpo di mano – conclude Di Meglio – rappresenterebbe un motivo in più per scendere in piazza il prossimo 30 novembre e far sentire la voce degli insegnanti contro una politica che mortifica, invece di valorizzare, la professione docente”.
Sul piede di guerra c’è anche l’Anief, secondo cui “il Governo intende adeguare la normativa italiana alla giurisprudenza comunitaria (obiettivo nobile), ma nello stesso tempo ha intenzione di riscrivere un nuovo testo unico sui comparti della conoscenza. L’esecutivo Letta – sostiene il sindacato autonomo – si appresta ad approvare diversi decreti legislativi, che declassano gli organi collegiali, intervengono illegittimamente su stato giuridico e trattamento economico del personale, riscrivono le regole per l’accesso alla docenza con l’introduzione del corso-concorso beffa nelle scuole, riducono il numero di ricercatori, assegnisti di ricerca e il numero dei partecipanti alle abilitazioni scientifiche nazionali i cui criteri di selezione e valutazione saranno riformulati”.
Per l’Anief questi provvedimenti sono tali che porteranno allo stravolgimento del lavoro di un milione di docenti, dirigenti e Ata. Sono diversi i passaggi che produrrebbero lo stravolgimento dell’attuale assetto scolastico italiano. Alla lettera h), in particolare, viene istituito il corso-concorso nelle scuole. “Eppure – continua l’Anief – migliaia di precari avrebbero pieno diritto alla stabilizzazione dopo aver prestato servizio per più di 36 mesi su posti vacanti e disponibili, come dice la Commissione UE”. Il sindacato è anche preoccupato per la revisione dello “stato giuridico e della definizione del trattamento economico del personale, con interventi tra le fonti di natura pubblicistica e negoziale, che in verità dovrebbe riguardare tutto il pubblico impiego dopo la privatizzazione del rapporto di lavoro ma che ne dovrebbe vedere ‘attore’ il Parlamento”.
Ci sono poi le parole di Domenico Pantaleo, segretario generale Flc-Cgil, che annuncia l’avvio di “una mobilitazione continua e incisiva.”Domenico Pantaleo, il segretario: “l’ulteriore colpo ai diritti dei lavoratori e delle lavoratrici pare sia contenuto in un disegno di legge delega su istruzione università e ricerca. E se il buongiorno si vede dal mattino, quanto contenuto in alcune parti del decreto legge 104/2013 in termini di aumento dei carichi di lavoro e quindi di peggioramento del contratto nazionale, conferma il tentativo di cancellare parti significative del contratto nazionale e della contrattazione”. Pantaleo conclude con un appello al Governo: si fermi e “avvii il confronto per rinnovare i contratti nazionali: i colpi di mano e gli interventi unilaterali non hanno portato fortuna ai precedenti governi né hanno migliorato la scuola, l’università, la ricerca e l’alta formazione artistica e musicale”.