Nel lungo periodo del lockdown ci siamo posti tante volte la domanda” come ne usciremo?”. Ne usciremo migliori o tutto tornerà come prima?
Dietro all’onda dell’”andrà tutto bene” che ci ha sorretto moralmente ed ha unito gli italiani come succede solo durante le partite della Nazionale di calcio, ognuno di noi ha lasciato nella propria testa dubbi, incertezze, paure.
Qualcuno ne è uscito senza lavoro, altri con la cassa integrazione, altri con lo smartworking.
Gli studenti hanno chiuso l’anno scolastico salutando virtualmente compagni e professori, pieni di speranza di sedersi a settembre su quei banchi che tanto sono mancati in questi mesi.
E’ difficile togliere i dubbi nella loro testa visto che la scuola resta un terreno in cui le incognite continuano a superare gli aspetti noti.
Nel frattempo, in queste settimane che hanno accompagnato alla conclusione l’anno scolastico, si sono accese discussioni sulla scuola che verrà.
Da una parte abbiamo visto i docenti cimentarsi con le implicazioni di tipo burocratico delle Ordinanze ministeriali sugli esami di stato e sulla valutazione degli studenti, dall’altra le Camere hanno affannosamente convertito in legge il Decreto sulla scuola. Tutto questo mentre studenti e genitori hanno riconquistato le piazze per ribadire la necessità e l’importanza di tornare dentro le aule magari con un modello di scuola nuovo, diverso che tenga conto anche dell’esperienza appena conclusa.
Di quali trasformazioni possiamo parlare? L’articolata riflessione prodotta dall’ala più oltranzista tra le organizzazioni di categoria dei dirigenti scolastici sottolinea la necessità di apportare profonde modifiche all’assetto complessivo del sistema d’istruzione, come si legge dall’ ANP (l’associazione nazionale Presidi)
Gli assi portanti della proposta dell’ANP sono l’ennesima riproposizione della concezione manageriale del governo delle scuole, la richiesta di abbattere le rigidità che rendono vane le capacità di gestione dei dirigenti e l’appello a riformulare i curricoli puntando al superamento dei saperi disciplinari in nome delle “competenze”. Una sorta di aggiornamento della “governance” delle scuole cioè delle competenze degli organi collegiali ferme alle disposizioni legislative del lontano 1974. Negli ultimi mesi si è parlato invece di riporre nelle mani dei dirigenti scolastici compiti inediti, con la ministra Azzolina a investire i presidi del ruolo di “comandanti della nave
Nelle conclusioni del proprio documento i presidi dell’ANP rivendicano apertamente la “valorizzazione del ruolo dei dirigenti scolastici in materia di scelte organizzative e gestionali, sull’esempio di quanto avvenuto durante la fase emergenziale “Aggiungendo inoltre che devono essere eliminati i vincoli burocratici e gli ostacoli organizzativi che impediscono ai dirigenti di assumere con la dovuta celerità le decisioni inerenti alla gestione delle risorse umane, economiche e logistiche.
In sostanza la logica che c’è dietro questo ragionamento è che lo stato di emergenza ha dimostrato che le scuole funzionano in maniera efficiente se le catene al comando che le governano sono corte e senza intoppi burocratici lungo il percorso. Da qui anche la richiesta dell’introduzione di una nuova figura, quella del “Middle management” cioè la figura di docenti che fungano da “quadri intermedi” in grado di collaborare e supportare il preside nel governo della scuola, secondo i più comuni modelli aziendali.