I lettori ci scrivono

Nella scuola dell’autonomia i presidi sono dirigenti-capi con poteri sempre maggiori

Tutto ha avuto inizio nel lontano 1999 (legge 275), con la tanto (forse troppo) lodata autonomia scolastica che, tra i suoi punti principali, dava ampio spazio alla figura del Preside e lo trasformava in un Dirigente, Dirigente scolastico, anzi di più, in un vero proprio Leader (un leader forte), responsabile della gestione della scuola e della qualità e promozione dell’istruzione.
Un ruolo assai importante, dai poteri rilevanti che gli permettevano di sviluppare strategie pedagogiche innovative, promuovere la partecipazione della comunità educativa e favorire un clima scolastico positivo. Proprio un vero cambiamento e un sensibile ampliamento di potere. Si è passati poi al 2015 (legge 107 sulla ‘Buona scuola’ o ‘Scuola Buona’).
Il provvedimento, ancor di più, rafforzava il ruolo del Dirigente scolastico, conferendogli maggiori responsabilità e competenze decisionali. Insomma il Preside era diventato un vero Capo, un Domino. In questo modo, anche grazie (o a causa) di altri provvedimenti legislativi (anche discutibili), l’ organizzazione scolastica veniva ad assumere una struttura piramidale, gerarchica e stratificata dove, tra il vertice (il ‘Grande Capo’) e la base (la moltitudine di ‘poveri’ insegnanti, poveri in ogni senso) venivano ad essere inserite una serie di figure intermedie, con incarichi più alti e delicati (come sempre poco remunerati). Ultimamente, poi, l’Associazione Nazionale dei Presidi (in particolar modo il suo Presidente) ha proposto di assegnare ai Dirigenti scolastici anche il potere di assumere (e magari licenziare) i docenti. Il sistema tradizionale dei concorsi (si dice) ormai è al collasso e del resto in quasi tutta Europa (la solita ‘esterofilia’) ormai la procedura è questa da tempo.
Sono i Dirigenti a decidere chi prendere e chi lasciare. E’ arrivata quindi anche in Italia l’ora di aumentare ancora di più la ‘capacità decisionale’ dei Dirigenti (alzando magari anche la loro retribuzione) e mettere nelle loro mani la sorte degli aspiranti docenti. Certo questi alti Responsabili dovranno rispettare (almeno in teoria) dei criteri di scelta ben precisi e oggettivi e saranno coadiuvati (con vincoli o senza vincoli?) dal Comitato di Valutazione e da altri collaboratori. Ma il potere di assumere, previo colloquio e/o valutazione titoli, deve spettare a loro. La proposta dell’Anp, non ne dubitiamo, sarà sicuramente valida e rappresenterà la soluzione più giusta (o l’unica) per risolvere il problema delle assunzioni dei professori (forse si è già cercato di tradurla in legge, senza peraltro riuscirvi, nei vari decreti scuola approvati e trasformati in legge dal Parlamento) ma non trova il nostro gradimento (anche se nulla vale la nostra opinione).

Attualmente i Dirigenti scolastici hanno già, per legge, ampi poteri e una non poca discrezionalità, ciò gli consente (se vogliono) di ‘costruire’ e plasmare la loro scuola, in ogni suo aspetto, secondo i loro ‘desiderata’, anche ‘forzando’ (sempre legittimamente, è ovvio) le posizioni dei docenti o tenendo in poco conto le loro opinioni (sempre nel rispetto della legge, soprattutto quando le norme sono flessibili, elastiche o variamente interpretabili). Investire i Dirigenti anche di un potere così importante, fondamentale per il funzionamento e l’identità stessa della scuola ci sembra eccessivo. Siamo sicuri che i Presidi agirebbero correttamente e con le migliori intenzioni ma, nonostante tutto, ci chiediamo perché, prima di un tale passo (dalle conseguenze magari inaspettate e non del tutto positive), non si cerchi di migliorare, alleggerire, sburocratizzare l’attuale sistema di reclutamento docenti.
Del resto, ricordiamo, andava proprio in questa direzione la decisione, presa molti anni fa, di regionalizzare i concorsi pubblici (in linea, comunque, con le direttive del Governo Centrale) ed ora, l’attuale legge sulla tanto discussa e contestata autonomia differenziata (che dovrebbe coinvolgere anche la scuola), potrebbe essere valorizzata per mantenere, sempre a livello regionale e con le opportune modifiche, la ‘classica’ procedura di assunzione dei docenti.
Se ciò non funzionasse, allora, come ‘extrema ratio’, si ‘incoronino’ pure i Dirigenti. Due brevi osservazioni finali:

– I concorsi ‘classici’ non sono più realizzabili, come afferma l’Anp. Sarà vero, certo è che i governi (questo compreso) ci hanno messo del loro per arrivare ad un ‘impasse’ procedurale. Alcuni articoli di giornali quotati o non pochi reportage televisivi (dall’emblematico ed eloquente titolo “La fabbrica dei precari”) hanno ben messo in evidenza quel groviglio di disposizioni ministeriali o di perentori e ‘miopi’ ordini europei che ostacolano l’aspirante professore e rallentano, in una palude labirintica di disposizioni, spesso tra loro contrastanti, le assunzioni a tempo indeterminato.

– Le difficoltà, almeno iniziali, che alcuni Dirigenti scolastici (per loro stessa ammissione) incontrano nel gestire la procedura degli ‘interpelli’ per le supplenze brevi e temporanee (la novità di quest’anno che sostituisce in tutto o in parte la MAD), con conseguenze negative per le scuole, dovrebbero far riflettere o invitare alla moderazione riguardo le competenze del Dirigente. O forse, al contrario, rappresentano i primi esperimenti per arrivare, passo dopo passo, alla ‘grande rivoluzione’: affidare al Dirigente-Capo il compito di assumere (e licenziare) i docenti? Mistero.

Andrea Ceriani

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