Mi era stato detto che il Ministro dell’Istruzione legge la posta a lui indirizzata e risponde, quindi gli ho inviato una lettera in cui lo invitavo ad una riflessione sui metodi aberranti di reclutamento degli insegnanti. Affinché la mia lettera non apparisse come una critica sterile ho allegato anche un mio progetto, finalizzato a migliorare il rendimento scolastico di chi versa in difficoltà, non elaborato certo in 15 minuti. Oggi gli interventi si riducono alla sola formazione e nella pratica restano confinati al Mondo delle Idee di Platone. Non ho ricevuto alcuna risposta, la mia lettera così come la mia vita sono finite nella cartella dello spam.
Al concorso straordinario non sono stati valutati titoli e servizi che avrebbero premiato i veterani, le prove hanno favorito gli stenotipisti, sul piano concorsuale molte delle cattedre a bando sono rimaste scoperte o coperte senza produrre idonei e tra i vincitori campeggiano i nati tra il 1980 e il 1990. Gli obiettivi erano non regolarizzare e svecchiare la scuola?
Sono nelle graduatorie dal 2008 e ho tre figlie. Quando ho iniziato ad insegnare le supplenze erano brevi perché il precariato non era endemico; sorrido quando le mie colleghe lamentano dopo tre anni di servizio, maturati in soli tre anni solari, di avere diritto “per anzianità” al ruolo. Nonostante i titoli e i servizi che possiedo sono stata bellamente scartata. Se da un lato si è gridato allo scandalo per un reclutamento dei veterani con titoli di merito certificati, dall’altro si è proceduto al reclutamento dei più giovani, trasformando noi reduci in esodati dell’amministrazione pubblica. Ma un giovane con tre anni di servizio ha gli strumenti per gestire le criticità? Dinnanzi alle provocazioni di un ragazzino che viola il regolamento scolastico, perché versa in gravi difficoltà, sa mettersi nei suoi panni e soccorrerlo o risponde annotando a suo carico note disciplinari che vanno ad aggravare la sua situazione? Si ricorderà di dover contrastare l’abbandono scolastico? Ha interiorizzato le tanto decantate metodologie?
I concorsi non misurano la capacità emotiva o quella che il mio Vicepreside chiama “attitudine all’insegnamento”. “Se valutassero quella – lui dice -le cattedre andrebbero deserte”. Questo è un Paese in cui si crede di poter affidare il ruolo di guida a chi non conosce la strada. Dante scelse Virgilio per il suo viaggio all’Inferno. In Paradiso ci si arriva solo per Grazia divina.
Vi racconto una storia in pillole: anno scolastico 2011-2012, istituto alberghiero, studente che hic et nunc chiamerò I., sospeso a dicembre, destinato all’espulsione ma promosso a fine anno e approdato all’Università. Chi gli fece riveder le stelle fui io, lo so. Ed ecco una beffa degna di una novella dell’VIII giornata del Decameron: sono risultata inidonea all’insegnamento.
Nel 2005 Il direttore del Kheel Center of Labor della Cornell University, presso cui feci ricerca durante il dottorato, mi aveva suggerito di lavorare negli Stati Uniti: l’Italia nulla mi avrebbe dato. In patria mi fecero presente che non avevo “i requisiti economici e sociali” per la carriera accademica. Ho un curriculum che non posso spendere neppure per entrare a scuola perché quello mi dà consistenza, è la mia fotografia e al concorso non si deve avere un’identità. Provo pena per i mie i ragazzi che curano nel dettaglio il curriculum dello Studente, ignari che stanno costruendo uno storytelling buono solo per abbellire la propria pagina social. Forse lo Stato conta sul familismo amorale per risolvere il fenomeno della disoccupazione?
Nel promo del film “Luca” della Pixar i nostri figli giocano a pallone scalzi: vederlo mi ha ricordato le parole profetiche del Dott. Strassberg a Cornell. Ora tutti quelli che vedranno il film penseranno che qui i ragazzini girano ancora scalzi, come nel Dopoguerra, perché nell’immaginario collettivo l’Italia è ferma ancora a quella stagione: No Man’s land. E a buon diritto.
Veronica Perozeni
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