Che in Italia sopravviva ancora la scuola paritaria è un grande segno di libertà, di democrazia e di cultura.
Bisogna ricordare subito che anch’essa è pubblica, benché privata e non statale. Ho studiato nelle scuole statali e so bene cosa voglia dire avere docenti onesti o disonesti intellettualmente, educatori veri o gente che attendeva solo lo stipendio, persone di cultura o lì per caso. Più della metà del corpo docente avrebbe potuto rovinarmi la vita se fossi stato più debole, la restante parte mi ha preso per i capelli più volte, indicato una strada e per questo li ringrazio ancora. L’insegnamento mi ha portato invece nella scuola paritaria.
Da diversi anni insegno con grande piacere ed entusiasmo presso il Liceo Salesiano “Don Bosco” di Catania, e questo mi permette di poter fare un confronto schietto tra il tempo in cui studiavo e il presente. Intanto non capisco perché si scriva tanto contro le scuole paritarie e pochi alzino un dito per difenderle. Sono paritarie? Sì! Lo sono perché c’è una legge dello Stato o perché lo hanno deciso loro? Sì, perché c’è una legge! Sono sottoposte agli standard delle scuole statali e agli stessi controlli? Sì! In occasione degli esami hanno commissioni speciali, diverse dalle altre scuole?
No! I docenti sono insegnanti di serie B? No! Forse hanno studiato in università minori, non hanno fatto concorsi o le scuole di specializzazione come chi insegna nelle scuole statali? Dopo aver frequentato – come ho detto – sempre e solo scuole statali, ora che insegno in una scuola paritaria posso anche dire che si studia molto di più di quanto mi facessero fare allora, con molta serietà e un’apertura mentale decisamente più ampia. Certo, bisogna distinguere e non generalizzare né in positivo né in negativo.
Tra le paritarie ci sono scuole che possiamo definire “diplomifici” e che purtroppo determinano a distanza la reputazione negativa di scuole più che serie e con tradizione centenaria. I “diplomifici” sono un problema per tutti, ma lo dovrebbero essere soprattutto per il Ministero dell’Istruzione, per i Provveditorati e per la Guardia di Finanza, poiché non sempre mettono in regola i docenti, spesso emettono buste paga senza dare il corrispettivo, hanno i registri delle presenze truccati, ecc.
Messe da parte questo tipo di strutture che io non chiamo scuole, restano le vere scuole paritarie quelle in cui – quando arrivano gli Ispettori del Ministero – si cerca il pelo nell’uovo, si controlla persino la qualità della carta igienica o dei gessetti; realtà, cioè, che superano spesso di gran lunga lo standard delle scuole statali e non perché hanno meno studenti, ma perché credono che la scuola sia una missione, sia un luogo vero di crescita e formazione completa della persona.
Molti dimenticano che se non fosse stato per i privati – nella maggior parte dei casi religiosi – in Italia e al Sud particolarmente, saremmo ancora analfabeti attendendo le scuole statali, soprattutto in alcune zone. Inoltre la famosa “Unità d’Italia” passa attraverso il grandissimo contributo dato dall’insegnamento in istituti privati; molti dei grandi Autori della Letteratura Italiana hanno compiuto studi con precettori religiosi o presso scuole di religiosi. La nostra Costituzione, quella che tutti tirano come una coperta corta e piegano al proprio volere, quella a cui tutti si appellano per dare valore alle proprie idee recita chiaramente: La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.
La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.
Finiamola, dunque, con la guerra tra poveri e le polemiche che in certi periodi riemergono, e ricordiamo che, mentre spesso si discute in politichese e ideologicamente, ci sono i nostri studenti che hanno bisogno quotidianamente di chi dia una risposta di senso alle domande importanti della vita attraverso lo studio e l’insegnamento appassionato, libero, coerente, innovativo, non dogmatico, né relativista.
Questi ragazzi chiedono, alla scuola statale e non statale, non asettici docenti, ma veri testimoni e modelli, che non facciano la strada al posto loro ma che la indichino significativamente grazie a relazioni educative vere.
Marco Pappalardo