Per il secondo anno consecutivo il tasso di denatalità produrrà una riduzione di alunni italiani ben superiore alle 100 mila unità rispetto ai 12 mesi precedenti, per l’esattezza da settembre avremo iscritti 127 mila allievi in meno.
Il dato stride con la conferma dei numeri minimi per la formazione delle classi, soprattutto del primo anno delle superiori dove per effetto della riforma Gelmini-Tremonti servono almeno 27 alunni per fare partire il corso: un problema che nei grandi centri è particolarmente sentito. E addirittura in crescita, considerando che Tuttoscuola ha calcolato che “le prime classi delle superiori con oltre 27 alunni sono passate dalle 1.981 (7,9% del totale) del 2021-22 alle 2.459 (9,8%): un incremento del 24%!”.
Come fa un certo effetto sapere che l’ultima legge di bilancio ha introdotto un dimensionamento che nel volgere di qualche anno ridurrà le scuole autonome di almeno 500-600 unità: una disposizione che ha portato le Regioni guidate da governatori del Centro Sinistra a ricorrere alla Consulta.
In questo quadro va detto che, comunque, gli organici degli insegnanti rimangono fermi. Anzi, si assiste ad un aumento di 9.000 posti in organico di diritto sul sostegno, come è stato previsto l’aumento dei posti di educazione motoria alla primaria per effetto del coinvolgimento delle future classi quarte (anche se a scapito dei posti comuni). Inoltre, è stata data la possibilità di diminuire il numero degli alunni per classe nelle scuole disagiate o in aree soggette a fenomeni di spopolamento. Tutte disposizioni, favorevoli all’utenza, che però ai sindacati non bastano.
“ll calo demografico è accertato, ma sulla scuola si fa cassa e non si investe”, ha detto Giuseppe D’Aprile, segretario generale Uil Scuola Rua, secondo cui doveva essere “l’occasione per un cambio di registro, una opportunità per una didattica personalizzata, per classi a misura di studente”.
D’Aprile dice che non c’è “alcun cambiamento anche per il personale ATA, che si è dimostrato fondamentale e indispensabile – per il buon funzionamento delle scuole – durante l’emergenza epidemiologica e lo sarà per far fronte a sempre più carichi di lavoro dovuti anche all’impatto, nelle segreterie, dei fondi sul Pnrr”.
La delusione è espressa pure dagli altri sindacalisti: “Anche se sono stati confermati i numeri dello scorso anno – ha ricordato Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – gli organici risultano comunque insufficienti per garantire adeguatamente il diritto all’istruzione, ma anche ad evitare le classi pollaio e adeguare il tempo scuola nella primaria. Non c’è alcun investimento nell’istruzione, si tratta sempre di operazioni contabili dettate dal ministero dell’Economia e delle Finanze nel silenzio di qualsiasi riflessione pedagogica”.
Quelli su cui prima o poi il Governo dovrà agire sono i numeri per formare le classi, datati 2009: nel 2050 avremo, di questo passo, cinque milioni di italiani in meno, tra i quali due milioni di giovani. Continueremo ad avere oltre 15mila classi con più di 27 alunni?