Leggendo le proposte di Matteo Renzi contenute nel piano “La buona scuola”, non ci sono sfuggite le ormai consuete amnesie bipartisan sul sostegno ad un comparto ritenuto “strategico” in tutta l’Europa ed in molti paesi del resto del mondo e cioè quello della scuola non statale e dei centri di formazione professionale.
Poi leggiamo che Renzi dichiara che lui “va dove si investe”: noi allora chiediamo al Presidente del Consiglio di avere più coraggio e di venire a guardare dove si investe da sempre nell’istruzione e nell’educazione per il bene comune.
I primi ad investire sono le scuole non statali ed i centri di formazione professionale. Chi crede alla favoletta che fanno utili a non finire vuol dire che si è ormai assuefatto alla droga dell’ideologia. Ogni anno Congregazioni, Cooperative di insegnanti e genitori, Associazioni no profit, Fondazioni, Centri di Formazione Professionale investono a fondo perduto migliaia e migliaia di Euro per il solo fatto di avere “a cuore” (“we care”) l’allievo, la persona, il bene comune. Soldi che non riceveranno mai più indietro, donati e investiti nella società del domani.
“Buoni Cristiani, onesti cittadini” diceva già Don Bosco 200 anni fa. Conosciamo, noi genitori, e conosce bene la classe politica (che però finge di non vedere) le grandi somme investite da questi privati no profit per la gestione delle istituzioni paritarie, gestione peraltro sempre molto oculata (lì lo sperpero e la negligenza non sono ammesse … sono peccato!! Qui non paga mai Pantalone!). Inoltre il settore non statale accoglie i ragazzi diversamente abili pagando in proprio, obbligato dalla legge che però non gli riconosce la spesa per l’insegnante di sostegno.
Che figura per uno Stato che milita nel G8: far pagare ai privati ciò che la Repubblica dovrebbe garantire come diritto della persona più debole.
La seconda categoria che investe nella scuola è quella degli insegnanti, e con loro i Dirigenti scolastici.
Scelgono la scuola pubblica paritaria e i centri di formazione professionale, molto spesso rinunciando ad entrare nella statale, accettando stipendi più bassi, minori garanzie, più ore di lavoro e impegno nella propria preparazione professionale molto spesso a proprie spese, per amore della propria vocazione e di quella degli allievi – e molti li ricorderanno con affetto per tutta la vita, come Papa Francesco il 10 Maggio ha ricordato la sua maestra Estela Quiroga –; ma durante il lavoro che sacrifici e fatica!
Ma loro investono ugualmente e quasi mai un riconoscimento dalle Istituzioni anzi, nei dibattiti ideologici sono quelli che “lavano il cervello ai giovani”. Noi preferiamo riconoscerli come veri professionisti della formazione e dell’educazione. Nostri alleati nell’educazione dei figli.
La terza categoria è quella dei genitori, perché investono nella scuola italiana pagando due volte: tasse e rette scolastiche. Nonostante che dal 2000 la parità sia legge – la 62 voluta dal Ministro Luigi Berlinguer – in Italia quello che all’Est ed all’Ovest del mondo è un diritto garantito, cioè ”la libertà di scelta educativa”, resta
una chimera. Anche nella nostra Costituzione se ne parla … ma non si applica.
I genitori “paritari” italiani sanno che il loro investimento in educazione e formazione fa risparmiare allo Stato più di 6 miliardi di euro ogni anno (dati del Dossier Agesc del 2012). In cambio lo Stato elargisce male ed in ritardo 494 milioni. Gli studenti figli di queste famiglie sono il 12% della popolazione scolastica: sono oltre 1 milione nella scuola e circa 150.000 quelli che frequentano i centri di formazione professionale. Altre decine di migliaia di giovani in metà delle Regioni italiane non hanno neanche più la possibilità di scegliere, semplicemente perché queste Regioni non investono nella Formazione Professionale, un’arma efficace e vincente per la lotta all’abbandono scolastico e per l’occupazione nel mondo del lavoro. Anche qui chi investe sono sempre i soliti già citati all’inizio. Le Regioni e lo Stato scappano.
Non investono. Perché? Visto lo stato fallimentare della nostra finanza pubblica, generato dall’incapacità
della classe politica e non certo colpa dei giovani o delle famiglie, sarebbe lungimirante garantirsi il risparmio attuale di 6 miliardi – risparmio a rischio con la chiusura delle scuole paritarie –, risultato che si potrebbe ottenere con poco più di 1 miliardo di euro all’anno (contro i 494 milioni di oggi) investiti nel comparto
paritario oppure garantendo alle famiglie la possibilità di defiscalizzare il proprio investimento. Addirittura sarebbe ancor più conveniente per il nostro Stato fare tutte e due le cose.
Infatti in questo modo si allargherebbe il settore paritario – l’8% delle famiglie oggi vorrebbe sceglierlo ma non può farlo per motivi economici – garantendo con la concorrenza più scuole di qualità, più scelta scolastica che significa anche più valutazione del sistema, perché chi deve scegliere si impegna a valutare l’offerta
formativa.
Chi non può scegliere – soprattutto i meno abbienti – manda i figli a scuola sperando di “avere fortuna”, di incappare in quegli insegnanti buoni che grazie a Dio ci sono. Ma quando va male, molto spesso si abbandona addirittura la scuola, come si vede dai fallimentari dati italiani sulla dispersione scolastica.
Caro Presidente Renzi, è giusto scegliere e premiare le aziende che investono nel lavoro, ma se per una volta si cominciasse proprio dalle nostre scuole che investono in capitale umano senza prendere interessi o benefit?
Caro Matteo Renzi, passa alla storia. Fai qualcosa di politicamente scorretto. Qualcosa di rivoluzionario. Investi nel sistema paritario e della formazione professionale, che è scuola pubblica ed è un bene di tutti a cui tutti debbono poter accedere.
Roberto Gontero
Presidente Nazionale AGeSC
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