Categorie: Riforme

Nessuna sorpresa, il Senato approva la riforma dell’Università

Studenti, ricercatori e buona parte dei docenti hanno sperato sino all’ultimo. Tutti però sapevano che la fiducia, seppure risicata, incassata dal Governo il 14 dicembre scorso ha rappresentato di fatto il via libera alla riforma universitaria. Lievitata, nel frattempo, sino a 29 articoli, anche seguito dei 55 emendamenti introdotti a Montecitorio.  
L’ostruzionismo dell’opposizione non è andato oltre lo slittamento del voto finale dell’aula di Palazzo Madama di 24 ore, che così si è svolto il 23 dicembre: in un clima, però, alla luce delle tensioni tra i due schieramenti, che di natalizio aveva ben poco. Appena dopo le 16, al termine dei commenti rilasciati in aula dai vari capogruppo, presidente Schifani ha cominciato a chiamare i senatori per il voto. Come previsto, non c’è stata storia: i sì sono stati 161 sì, i no 98 e gli astenuti (che al Senato sono di fatti un voto contrario) appena 6. Hanno votato a favore Pdl, Lega e i finiani (alcuni minuti prima il sen. Giuseppe Valditara, vice capogruppo vicario al Senato di Fli e relatore del ddl, annunciava che “Fli ha dichiarato che avrebbe approvato questa riforma e quindi terrà fede al proprio impegno”). Hanno votato contro Pd e Idv. Si sono astenuti Udc, Api, Svp e Union Valdotaine. “Finalmente – ha ribadito il ministro dell’Istruzione Maria Stella Gelmini dopo il voto – viene archiviata definitivamente la cultura del falso egualitarismo instaurato con il 1968 e comincia una bella stagione all’insegna della responsabilità e del merito, del no agli sprechi, a parentopoli e a nuovi casi di baronia”. Gelmini, ha voluto ringraziare pubblicamente il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi: “ancora una volta il Premier si è dimostrato un uomo del fare e un politico lungimirante, comprendendo perfettamente l’importanza di un provvedimento che è innanzitutto a favore dei giovani”.
I quali però continuano a contestare: quelli di Link-coordinamento universitario sostengono che il sì di palazzo Madama “non è stato un fulmine a ciel sereno: sapevamo che ormai dentro il parlamento non c’erano più margini, ma la battaglia non è finita” perchè “chiediamo fin da subito a tutti i rettori di disobbedire. Il piano della mobilitazione, ora, si sposta – dichiara sempre il Link – dal Parlamento verso il Governo, con l’attesa dei decreti attuativi, e verso gli atenei, con l’adeguamento degli statuti universitari alla nuova legge: daremo battaglia in tutti gli organi collegiali e in tutte le piazze”.
Il Governo, comunque, è ‘allenato’ per questo genere di battaglie. Durante l’iter parlamentare, durato quasi due anni, non sono mancati momenti travagliati: il culmine ad a ottobre, quando la riforma ha rischiato di saltare, alla Camera, per mancanza di copertura finanziaria. Poi, negli ultimi giorni per evitare sorprese il testo è stato ‘blindato’ il testo, evitando di far passare emendamenti che richiedessero un successivo passaggio parlamentare alla Camera: basti pensare che l’opposizione politica ha presentato circa 50 decreti attuativi da varare. Alcune contraddizioni tra diversi articoli dello stesso testo, evidenziate con forza dalle opposizioni, saranno corrette, come ha annunciato lo stesso ministro Gelmini, nel decreto ‘Milleproroghe’.
Proprio sulle incongruenze del testo si è consumato l’ultimo strappo fra maggioranza e opposizione: Anna Finocchiaro, presidente dei senatori del Pd, infastidita dalle interruzioni durante i suoi interventi, ha detto ai suoi di intervenire sul tema ai sensi del regolamento, minacciando di prolungare la discussione per altri 101 minuti più altrettante votazioni. Soltanto le scuse del collega Maurizio Gasparri a nome di tutto il gruppo il Pdl hanno fatto desistere il Pd dal blocco dell’Aula e consentito l’approvazione della riforma, che costituisce, secondo il capogruppo del Pdl, “un passaggio fondamentale della legislatura, dell’azione del governo Berlusconi e della maggioranza di centrodestra”. Toni di trionfo anche dalla Lega, che ha salutato con favore gli incentivi agli studenti che frequenteranno gli atenei della propria regione, “in pieno spirito federalista”.
Cosa accadrà ora: formalmente manca soltanto la firma del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Che solo ieri ha ricevuto una decina di studenti anti-Gelmini, per ascoltare le loro istanze. “Come ha ricevuto le associazioni studentesche in dissenso – ha detto Gasparri a tal proposito – mi auguro che il capo dello Stato voglia ascoltare anche le ragioni di coloro che sono favorevoli alla riforma dell’Università, svolgendo in maniera saggia il suo ruolo a 360 gradi”.
Nel frattempo sarà indispensabile, per rendere spendibile la riforma, che il Parlamento approvi al più presto i decreti attuativi. “Una cosa che il ministro non dice mai – ha tenuto a sottolineare la capogruppo Pd Anna Finocchiaro – è che questa è una legge delega e che ci sono ancora circa 50 decreti attuativi da varare. Occorrerà quindi che Camera e Senato tornino in commissione per occuparsene e mi auguro che in quella sede si possa fare ancora qualche passo in avanti”. Ma anche che gli organi direttivi di tutte le università italiane dovranno mettersi subito al lavoro: entro sei mesi dalla pubblicazione della legge, i 66 atenei pubblici italiani dovranno infatti approvare i nuovi statuti. Se non dovessero subentrare rallentamenti la riforma potrebbe trovare attuazione già dal prossimo ottobre, in corrispondenza del nuovo anno accademico.
Alessandro Giuliani

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Alessandro Giuliani

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