Indignazione, eco mediatica, scandalo e persino le interrogazioni parlamentari, ma la storia del «bimbo disabile chiuso nello sgabuzzino» è rimasta tale e Alessio non è più tornato a scuola.
Come si ricorderà, una mamma, andando a prendere il figlio di 8 anni disabile alla scuola elementare vicino a Ostia lo trova dentro uno sgabuzzino da solo: «Arrivo senza preavviso e trovo davanti ai miei occhi questo lager», scrive la mamma su Facebook: solo, chiuso in una stanza, accanto al «tappeto giallo, sudicio e usato da anni come base per cambiargli il pannolino».
Tuttavia, racconta Il Corriere della Sera, due mesi dopo la situazione non è affatto risolta. Anzi, è peggiorata. «Come potevamo rimandarlo in quella scuola? Non è cambiato nulla – racconta la mamma Cristina –. Mancano gli operatori specializzati per seguire in modo adeguato nostro figlio, non è garantita un’assistenza dignitosa».
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Nonostante gli incontri con la scuola – spiegano i genitori – per Alessio niente banco speciale, né Pei, Piano educativo individualizzato, strumento per l’integrazione nella scuola degli alunni disabili stabilito dal Miur. «Cerchiamo posto in altre scuole, ma alcune sono piene o non attrezzate. Quel giorno a scuola c’era solo un Aec (Assistente Educativo Culturale, figura di sostegno per disabili, ndr) che doveva seguire tre bambini. Manca il personale. La verità è che a nessuno importa dei nostri figli».