“Le scuole si stanno trasformando in un progettificio e ciò lo dico con preoccupazione”.
Sono stato positivamente colpito da questo pensiero, che in gran parte condivido e mi sono, in cuor mio, allietato che, finalmente, dopo tanta esagerata celebrazione dei progetti scolastici, qualcuno (anche una solo voce) dai palazzi dell’istruzione, mettesse in guardia sull’eccessiva progettualità (quasi un abuso) che da anni ha invaso e assilla le scuole.
Ahimè, purtroppo mi ero sbagliato. Non era una presa di coscienza (o un rimorso) o una giusta riflessione che proveniva dal Ministero dell’istruzione e del merito né un invito a fermarsi, riflettere, ponderare bene prima di proporre o imporre (a raffica progetti e utopie). No, non era così. Sarebbe stato troppo bello, ammettiamolo!
Chi aveva proferito questa giusta riflessione era il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro Nicola Gratteri in un recente intervento al Lido Cult di Camaiore, dove il Procuratore ha presentato il suo ultimo libro: “Fuori dai confini. La ‘ndrangheta nel mondo”.
Nella presentazione del libro l’uomo di legge (che ha dedicato la sua vita a smantellare le strutture e le radici di una delle più pericolose organizzazioni criminali d’Europa) metteva in evidenza, tra l’altro, l’importanza dell’istruzione (e dei docenti) per allontanare i giovani dalla malavita e dall’assunzione di droghe (un’azione preventiva) e, poi, il punto che maggiormente interessa, invitata tutti a non trasformare le scuole in “progettifici”, sottolineando come questa tendenza potesse distorcere l’essenza dell’istruzione.
Per chi, come lo scrivente, vive e sopravvive nelle realtà scolastica da molti moli anni, l’affermazione del Procuratore non può che essere condivisa.
E’ così, i programmi tradizionali, trasformati poi in linee programmatiche o indicazioni nazionali (tutto un po’ generalizzato e sfuocato), stanno sempre più per essere sovrastati o sostituiti da una invasione di progetti dalle più svariate nature: lo sport, l’ambiente, il patrimonio culturale, la cittadinanza, il rispetto del genere, l’educazione sessuale, l’educazione stradale, l’inclusione scolastica (ad ogni costo, anche eccessivo), le ansie giovanili, la violenza sulle donne (e sugli uomini), i flussi migratori, i viaggi per il mondo, le proposte continue di nuovi metodi di insegnamento, l’intelligenza artificiale, la dispersione scolastici il divario nord e sud, il lavoro, la sicurezza, la salute, l’alimentazione e molte altre ancora.
Si potrebbe anche ricordare che in alcune di queste tematiche dovrebbero intervenire in modo corretto, in principio, i genitori, poi i media (i media gusti e sani), infine le Istituzioni non scolastiche. Comunque, anche ammettendo la bontà di tali opere o progetti formativi (non lo mettiamo in dubbio) portati avanti dalla scuola, dobbiamo, purtroppo prendere atto che la quantità “infinita” di tali iniziative, rischia, inevitabilmente, di attenuare e depotenziare i validi effetti e i buoni i frutti delle ‘normali’ materie di ogni corso scolastico, materie che ogni docente dovrebbe trattare con impegno e a cui dovrebbe dedicarsi con tutte le sue energie nella sua azione formativa ed educativa. Il prezzo da pagare, se si arrivasse ad una minore considerazione o emarginazione delle materie ‘cardine’, potrebbe essere alto, molto alto per tutti.
L’importanza della materia. Un valore da recuperare.
Ogni materia, infatti, dovrebbe avere dei traguardi formativi, delle ‘disposizioni’ permanenti (strutture cognitive, modalità di approccio alla realtà, abilità, capacità competenze) che mettano in grado il giovane di affrontare e vivere attivamente (non passivamente) e da protagonista nella società del suo tempo.
E la geografia aveva certamente queste virtù. Peccato che qualche Ministro (Ministra) non abbia, a suo tempo, colto a pieno (direi per niente) il valore culturale e conoscitivo della geografia, visto che, sostanzialmente, almeno nei licei, tale nobile disciplina è stata abolita.
Insomma ogni materia è in grado, da punti di vista diversi, di arrivare a analizzare i vari problemi del presente e le sfide del futuro, proponendo anche valide soluzioni per superare i pericoli del domani e per coglierne anche le opportunità. Le materie, quindi, devono rappresentare il perno e il centro su cui basare l’azione educativa, informativa e formativa della scuola.
Certo, a queste si possono aggiungere pochi e mirati progetti, senza però arrivare ad uno scambio dei ruoli o, peggio, a conferire ad un’ampia e variegata (quasi confusa) attività di progettazione il ‘comando’ del lavoro scolastico e la responsabilità di tracciarne il cammino, relegando, invece, le ‘materie’ a elementi non fondamentali, secondari o (che mai accada!) a superflui orpelli di abbellimento.
Ci siano pure i progetti, allora, intesi, però come sostegno alle materie previste in ogni corso di studi, non il contrario. Questo sarebbe veramente esiziale per la scuola e la società
Sì ci sono rimasto male. Pensavo che un’evidente verità (“Non trasformiamo la scuola in un progettificio” e neanche in un diplomificio) fosse un oculato messaggio improntato alla moderazione e alla misura da parte del Ministero dell’istruzione (e del Merito).
Peccato. Mi era sbagliato.
Ma perché, allora, non affidare il Dicastero dell’Istruzione ad un uomo di legge, evitando di andare, ogni volta, a ‘pescare’ (spesso alla cieca) dal mondo dell’Università chi scandirà e organizzerà il mondo della scuola (un mondo completamente diverso, ricordiamocelo bene, dall’Università)?
Chissà, forse le cose andrebbero meglio.
O no?
Andrea Ceriani
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