La morte di Giulia Cecchettin ha creato tantissimo rumore, così come aveva richiesto la sorella Elena. Dopo il ritrovamento del cadavere e l’incarcerazione di Filippo Turetta, l’assassino che l’ha uccisa, parla il padre Nicola.
In un’intervista a Chi l’ha visto, Nicola Turetta parla del figlio: “È un ragazzo che comunque è un bambino, io non lo so, sono fragili. Anche io avevo le mie crisi ma questi ragazzi mi sembra che appena gli togli qualcosa crollano oppure fanno questi atti così violenti. Io fino all’ultimo ho pensato che volesse sequestrarla, rapirla per non darle la soddisfazione di laurearsi e dopo lasciarla. Purtroppo le cose sono peggiorate, forse voleva farle paura poi la cosa è precipitata e a lui è saltato l’embolo”.
A dire la propria è stato lo psichiatra Paolo Crepet, intervistato da Il Messaggero, attento studioso del mondo giovanile: “Non conoscendo quel ragazzo, non mi avventuro in nessuna diagnosi. Non credo che sia nato tutto quella sera, non è stato un raptus. I raptus sono nei fumetti. Il solo pensare che una ragazza sia come una motocicletta, una proprietà, non c’entra niente con l’innamoramento. È una concezione medievale”, ha spiegato.
“Non è successo in una periferia del Meridione catalogata con il solito bla-bla. È la prova provata che la violenza e il pregiudizio nei confronti della donna non hanno nulla a che vedere con quello che dicono i soliti quattro sociologhi. Qui siamo nel cuore del Nordest. Ci sono le villette, i giardini ben curati, un mondo che pensavamo essere privilegiato. E felice. Invece no. Abbiamo i soldi, ma non la felicità. Ci sono giovani che non sanno distinguere i sentimenti: come si può parlare di amore quando fai quaranta telefonate a una ragazza?”.
E i genitori? “Sbagliano a giustificare sempre e comunque i figli. I ragazzi vanno male a scuola? Poverini. Prendono un’insufficienza? Colpa dei professori. Vengono bocciati? Ricorso al Tar. Abbiamo creato dei ragazzi che non conoscono la frustrazione, che non sanno che esistono anche i no. Smettetela di tutelare i figli. Pensano di non avere difeso abbastanza le loro creature. E invece dovrebbero dire: arrangiatevi”, ha detto l’esperto. Insomma per Crepet l’agire da sindacalisti dei figli è nocivo, può portare a conseguenze mostruose.
E, sui ragazzi: “Sono come un grande videogioco, che noi adulti abbiamo regalato loro a Natale. Abbiamo aiutato le giovani generazioni a non sentire nemmeno l’idea della frustrazione, a non avere ostacoli. Questo poi li porta a essere fragilissimi, e alla prima contraddizione della vita cadono come la neve al sole”, ha detto a Rai Radio Uno.
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