I nidi? La loro scarsità, soprattutto nelle regioni del Sud Italia, è cosa nota: a Lisbona, nel 2000, i capi di Governo dell’Ue stabilirono che tutti i Paesi avrebbero dovuto garantire il 33% del fabbisogno di richieste per bimbi under 3. Pur con sensibili differenze (in Romagna e Toscana si è attorno al 25% mentre in diverse regioni del Sud sotto il 10%), ad oggi non siamo nemmeno a metà dell’opera ed alla scadenza decennale mancano solo tre mesi e mezzo. Come se non bastasse che i nidi italiani sono anche carissimi. Dalla VI indagine sui costi della scuola per l’infanzia nelle 21 città capoluogo di Regione, elaborata dalla Uil, è emerso che la frequenza nell’anno scolastico 2010/11 della scuola dell’infanzia costerà mediamente sulle tasche delle mamme e dei papà italiani 256 euro mensili. Una cifra non proprio ininfluente che a fine anno corrisponde, escludendo le vacanze estive, a 2.560 euro, pari all’8% del budget netto familiare.
L’indagine ha preso a campione una famiglia con circa 36.000 euro di stipendio, pari ad un reddito Isee di 17.812 euro, composta da due lavoratori dipendenti, con due figli a carico. Ovviamente, i costi sono anche in relazione ai servizi offerti.
Prima per costi elevati è Bolzano, dove frequentare un nido costa mediamente 480 euro mensili; a Genova si spendono 453 euro mensili; ad Aosta 424 euro. Alto il budget richiesto anche alle famiglie fiorentine (si pagano mediamente 419 euro mensili) e torinesi (416 euro). Va decisamente meglio a Catanzaro dove frequentare la scuola fino a tre anni costa mediamente 138 euro mensili, ma anche a Napoli (150 euro), a Roma (199 euro), a Cagliari (224 euro) e a Bari (258 euro).
Prima per costi elevati è Bolzano, dove frequentare un nido costa mediamente 480 euro mensili; a Genova si spendono 453 euro mensili; ad Aosta 424 euro. Alto il budget richiesto anche alle famiglie fiorentine (si pagano mediamente 419 euro mensili) e torinesi (416 euro). Va decisamente meglio a Catanzaro dove frequentare la scuola fino a tre anni costa mediamente 138 euro mensili, ma anche a Napoli (150 euro), a Roma (199 euro), a Cagliari (224 euro) e a Bari (258 euro).
Alle famiglie italiane non rimane che tenere “duro”, in attesa che il bimbo compia tre anni e passi ad un corso superiore pubblico, dove per legge è previsto solo un rimborso per la mensa. Anche in questo caso conta il reddito, ma l’esborso è decisamente più fattibile: nella scuola d’infanzia e nella primaria la retta mensile risulta in media rispettivamente pari a 71 euro, equivalenti al 2,2% del reddito disponibile.