Le ultime settimane di scuola coincidono anche con le temperature più calde e di conseguenza il ritorno di jeans strappati, pantaloncini, canottiere e infradito tra gli studenti.
Se per molti docenti e presidi l’abbigliamento degli alunni non è poi così importante, per altri invece, come sappiamo, diventa invece un elemento decisivo, anche per l’educazione.
E puntualmente, arriva la prima “strillata” da parte di una dirigente scolastica, quella dell’istituto comprensivo “Leonardo da Vinci” di Milano, che ha inviato una circolare alle famiglie ricordando che le alunne e gli alunni devono evitare di andare in classe con pantaloncini, canottiere, bermuda e ogni altro capo di abbigliamento inadeguato al contesto scolastico, scrive Il Fatto Quotidiano. Quindi si tratta dell’ennesimo dress code emanato da un preside. E di sicuro non l’ultimo.
Non sono mancate ovviamente le critiche, ma anche gli apprezzamenti, come quella della sociologa Chiara Saraceno convinta che la percezione della formalità sia cambiata tra i ragazzi: “Fino a dieci anni fa nessuno si sognava di andare a scuola o all’università con le infradito. La differenza tra la spiaggia o la scuola dovrebbe essere mantenuta. Non è un problema di quanta pelle si mostra ma che ci si presenti in modo diverso a seconda del luogo che si frequenta. Senza esagerare nel formalismo è necessario che come si imparano i ritmi del tempo è utile imparare la diversità dei luoghi: l’aula non è la discoteca”.
La vicenda di Milano non è ovviamente un caso isolato: ricordiamo che anche a Rimini, dallo scorso settembre, la preside del “Belluzzi – da Vinci”, ha intrapreso una battaglia contro la moda dei ragazzi. Addio quindi a pantaloni corti, jeans con i buchi e magliette stracciate, canotte, cappellini e berrette, ciabatte e infradito. Per questo anno scolastico le nuove regole prevedono una nota o un richiamo scritto – dopo tre infrazioni – per chi si presenterà in abbigliamento“non consono all’ambiente”.
Ma non può non essere ricordato il dress code del liceo “Righi” di Roma, la circolare 323 firmata dalla preside Monica Galloni:
“A beneficio di tutti si ricorda che l’importanza del dress code non è avvertita come esigenza pressante solo al momento di entrare in discoteche, pub, club, feste private o affini ma anche – anzi, soprattutto – al momento di frequentare quel diverso (ed assai più importante) tipo di locali, anche noti come locali scolastici”. Una premessa che segue ad una serie di esempi molto espliciti: “A titolo meramente esemplificativo: a scuola le infradito non sono eleganti. In spiaggia, magari, sì. A scuola una minigonna non è elegante. In discoteca, magari, sì. A scuola, un pantalone corto(con eventuali peli sulle gambe, di varia lunghezza, annessi) non è elegante. E non lo è da nessun’altra parte. A scuola, far vedere le ascelle non è elegante. Dal dottore, magari, sì. A scuola, mostrare le proprie mutande mentre si cammina per i corridoi non è elegante. Se si dovesse diventare testimonial di qualcuno, magari, sì”.
E alla fine della circolare la preside con tanto di “saluti calorosi” spiega: “Mi permetto di prevenire qualsiasi possibile istanza avente ad oggetto la pretesa percezione di temperature sub-sahariane che potrebbero, nell’ottica di qualcuno, fungere da giustificazione a scelte di abbigliamento più adatte ad una spiaggia che non ad una scuola. Abbiamo la fortuna di vivere in una zona del mondo beneficiata dal così detto clima temperato mediterraneo: senza entrare nello specifico, estati secche ed inverni miti. C’è di peggio. Qualora doveste mai frequentare scuole situate in zone di clima equatoriale, ne potremo riparlare. Al momento, no”.
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