Abbiamo studiato la legge sul lavoro del Governo e ci appare incredibile e gravissimo che per tre anni i neoassunti non abbiano contributi pensionistici.
La legge prevede che i datori di lavoro per 36 mesi non li versino, ma prevede anche che lo stato non li integri. Quindi nulla, zero, niente. I giovani lavoreranno, ma non matureranno un giorno ai fini pensionistici, se poi dopo tre anni verranno mandati a casa e ricominceranno a lavorare per altri tre anni da un’altra parte, ricominceranno pure a non avere alcun contributo e gli anni passeranno. Il governo chiama questa situazione “tutele crescenti”, a noi questa “crescentizzazione” sembra il contrario di qualunque crescita e dello stato di diritto. In questo quadro l’idea di non far lavorare i maggiorenni in forma retribuita per far lavorare gratuitamente i minorenni, come ideato dal ministro Poletti, si iscrive nello stesso progetto liberista. Rinunciare ai contributi e a parte o a tutto il salario è l’orizzonte in cui il governo cerca di portare i lavoratori.
Il lavoro smette quindi di essere un diritto e diventa una elemosina che garantisce la mera sopravvivenza in un quadro di subalternità del lavoratore al datore di lavoro. il progetto liberista, praticato in forma disastrosa in altre parti del mondo negli ultimi trent’anni, diventa realtà anche in Italia. È evidente che, come con la cancellazione dello statuto dei lavoratori, giustificata col fatto che non valeva per tutti, si praticherà lo stesso criterio del Jobs Act nella scuola. A breve quindi i precari devono aspettarsi di vedere non riconosciuti ai fini pensionistici i primi 36 mesi di lavoro. Bizzarro e aberrante che, invece di estendere a tutti i diritti, si colga l’occasione di trattamenti legislativamente disparitari per toglierli a tutti. Docenti e Ata sono, tragicamente, avvisati.
Come Sisa agiremo nelle forme, nei modi e nei tempi che verranno valuti opportuni per contrastare una legge che, anche solo per l’aspetto da noi evidenziato, ci pare palesemente incostituzionale.
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