Almeno sino fine anno le uscite didattiche si realizzeranno solo in rare circostanze. Nemmeno alle superiori, dove si sperava che il problema fosse in buona parte superato grazie alla presenza di diversi studenti vaccinati. E anche sulla base della parziale apertura del ministero dell’Istruzione, che nel caso del Pcto ha dato il via libera a patto che l’azienda ospitante sia in regola con gli accorgimenti-protocolli Covid.
Paradossalmente, a dire il vero, l’avvenuta vaccinazione di una parte delle classi ha accentuato il problema, anziché risolverlo.
Perché l’accesso alla gita o all’esperienza di vario tipo al di fuori delle mura scolastiche andrebbe a ledere il diritto alla privacy: gli studenti non vaccinati, in pratica, non potrebbero spostarsi (a meno che non facciano il tampone, anche quello rapido, a ridosso dell’evento). E verrebbero anche indentificati: una circostanza sulla quale il Garante sembra non transigere. In pratica, lo studente senza Green pass subirebbe un doppio “danno”.
Il problema è sentito, tanto che diversi dirigenti scolastici di Bologna avrebbero deciso di sospendere uscite didattiche e gite scolastiche almeno sino alla fine dell’anno solare, quando cesserà lo stato di emergenza.
E se questa continuerà per altri tre o sei mesi, come probabile, allora anche il blocco delle attività al di fuori delle scuole sarà molto probabilmente prorogato di conseguenza.
Non tutti i presidi, però, sembrano d’accordo con la soluzione intrapresa nel capoluogo emiliano. “Non è giusto bloccare qualsiasi attività – ha commentato, a colloquio con l’Ansa, il ds Carlo Braga, a capo dell’Istituto Gaetano Salvemini di Casalecchio di Reno – perché si crea un fattore discriminante. Così facendo infatti si discrimina la maggioranza, cioè i vaccinati”.
“E’ un tema delicato, che sicuramente mi scatenerà contro insulti dai no vax”, ha continuato il preside.
Il professor Braga ritiene, inoltre, che “non si possono bloccare tutte le attività sulla spinta di un rispetto della privacy, che si ritorce contro a chi è vaccinato. Stiamo ragionando quindi su come poter fare, potrebbe essere una attività interclasse, da mettere in piedi prendendoci altri spazi. Dobbiamo valutare le diverse strade e le controindicazioni”, ha concluso Braga.
La via d’uscita sembra percorribile anche per i sindacati. Paola Serafin, responsabile dei dirigenti scolastici della Cisl Scuola, ha detto alla stessa agenzia di stampa che la questione “si potrebbe risolvere se si considerasse la cosiddetta gita una attività di natura scolastica: se si prevedessero quindi condizioni di accesso a mostre, musei ed altro come se si accedesse alla scuola, trattandosi di una scuola portata all’esterno, facendo insomma prevalere le esigenze didattiche e formative, d’altra parte si tratta di attività scolastica”.
“La soluzione sarebbe semplice, altrimenti le difficoltà sono evidenti: si rischia di condizionare il piano dell’offerta formativa. Soprattutto se lo stato di emergenza verrà rinnovato, bisognerà pensare a trovare rimedio al tema”, ha concluso la sindacalista.
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