Abbiamo già parlato del contributo volontario e dell’uso a volte ambiguo e scorretto che ne fanno le scuole. Ma anche quest’anno le cose sembrano non essere cambiate.
Ricordiamo che, il contributo volontario scolastico, deliberato dal Consiglio d’Istituto, è quel contributo che viene chiesto alle famiglie, specie al momento dell’iscrizione a scuola dello studente, utilizzato ai fini dell’innovazione tecnologica, all’edilizia scolastica e all’ampliamento dell’offerta formativa.
Il problema è che il Ministero non può avere contezza di questo fenomeno, perché le scuole non sono obbligate a comunicare il ricavato del contributo volontario. Solo il 40% circa degli istituti provvede a informare gli uffici romani, si legge su Il Fatto Quotidiano: “l’ultimo dato in nostro possesso – spiegano al Miur – risale all’anno scolastico 2014/2015 in riferimento al quale i contributi delle famiglie ammontano a circa 146 milioni”. Una cifra che, tuttavia, non comprende solo i cosiddetti contributi volontari ma anche altre entrate, eccetto le mense scolastiche e i viaggi d’istruzione. Resta, quindi, l’interrogativo per cui nessuno ha una risposta: a quanto ammonta il tesoretto che le scuole hanno accumulato grazie a questa “tassa” che tanto volontaria non è?
Non sono bastate le circolari del Miur del 2012 e del 2013, che ricordano ancora una volta che “il contributo in questione ha natura esclusivamente volontaria in osservanza al principio di obbligatorietà e gratuità dell’istruzione inferiore, Legge Finanziaria 2007”, e quindi, “qualunque discriminazione ingiustificata a danno degli studenti derivante dal rifiuto di versamento del contributo in questione, sia in termini di valutazione che disciplinari, risulterebbe del tutto illegittima e gravemente lesiva del diritto allo studio dei singoli”.
Inoltre, il contributo volontario scolastico è detraibile dalla dichiarazione dei redditi tramite modello 730 e modello Unico. Questa spesa rientra quindi nell’elenco delle spese detraibili e deducibili dalla dichiarazione dei redditi, e prevede unadetrazione di imposta pari al 19% perché fa parte della categoria delle erogazioni liberali, quindi donazioni versate a favore di istituti scolastici di ogni ordine e grado, statali e paritarie senza scopo di lucro.
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A Mestre, come si legge ancora su Il Fatto Quotidiano, ad esempio, ogni anno spunta una contro-circolare d’istituto che in forza del ricatto batte quelle del ministero. Così anche per l’anno scolastico 2016-2017 alle famiglie che volevano iscrivere i figli ai corsi dei tre plessi (Luzzatti, Edison e Gramsci) il 20 gennaio viene inviata la n.246 che smaccatamente intima: “Verrà consegnato nei prossimi giorni il modulo di iscrizione, scaricabile anche dal sito della scuola. Il modulo va compilato in ogni sua parte e restituito in segreteria didattica entro il 6 febbraio 2017, allegando ricevuta del versamento del contributo e delle tasse erariali ove previste”. In caso di mancato pagamento del contributo richiesto, l’iscrizione presso l’Istituto non viene conclusa: “il versamento è obbligatorio, se non lo si versa non si può accedere all’iscrizione. Così ha deliberato il Consiglio d’istituto”.
L’istituto in questione si difende dicendo: “Eh lo so ma se non lo si versa non compriamo neppure la carta igienica. Gli unici esentati sono i nuclei familiari con Isee inferiore a 5mila euro l’anno, gli altri pagano tutti”. Sbagliato! Perché il contributo volontario deve essere utilizzato per:
–innovazione tecnologica
–edilizia scolastica
–ampliamento dell’offerta formativa
Quindi, spesso ci troviamo di fronte ad una vera e propria tassa sull’istruzione, che in alcuni casi supera il doppio delle varie voci di spesa previste, che non raggiungono nemmeno 40-50 euro annuali.
Forse sarebbe il caso che il Ministero cominci ad indagare ed ispezionare più a fondo, perché le scuole non possono stabilire autonomamente delle tasse sull’istruzione obbligatoria pubblica.
Inoltre, se si continua a soprassedere, si rischia un’autentica forbice fra le scuole che non si arricchiscono, perchè rispettano la volontarietà del contributo previste dalla legge, e quelle che invece, incuranti della norma, riescono ad emergere e a mantenere illegittimamente uno standard elevato.
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