Vedendo due bambini immigrati, senza genitori, arrivati a Cagliari con un viaggio della speranza, alcuni padri e madri hanno detto no! e così nella scuola elementare paritaria delle suore Mercedarie di Cagliari è scoppiata una bufera durata alcune settimane durante le quali ‘precauzionalmente’ ai piccoli profughi è stato assegnato un bagno separato.
Dal primo giorno – come ha anticipato il quotidiano L’Unione Sarda – ci sono state proteste di genitori che hanno minacciato di portar via i figli, e due lo hanno fatto, ma le suore, che hanno aperto le braccia ai due giovani profughi, sono rimaste ferme nelle loro posizioni: l’accoglienza non si discute. Ora dopo quattro intense riunioni i genitori, che avanzavano perplessità sanitarie, sono stati tranquillizzati e hanno accettato la situazione che è tornata alla normalità. I due bambini, un egiziano di nove anni e un etiope di 12, sono stati visitati dai medici e i certificati Asl attestano che sono sani e possono stare con gli altri alunni. Protesta rientrata quindi, e da oggi per gli scolari c’è un solo bagno.
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L’Ordine degli psicologi della Sardegna tuttavia commenta aspramente questa bufera.
Un episodio “gravissimo”, dicono gli psicologi, che si configura come un pesante trauma per tutti e richiede “una azione immediata”.
“Il trauma – spiega la presidente dell’Ordine, riguarda sia chi subisce questa inaccettabile discriminazione, sia per chi ne è inconsapevole ‘esecutore’. Per questo è indispensabile la disponibilità delle stesse famiglie che hanno di fatto costretto la scuola a riservare bagni separati per i bambini ‘di colore’, mentre altre hanno deciso di ritirare i loro figli. L’episodio, di per sé gravissimo, lo è ancora di più se si considera che va ad incidere su un’età, quella evolutiva, nella quale restano tracce indelebili, con pericolosi esiti nel corso della vita, soprattutto sul versante della maturazione affettiva e dell’intelligenza emotiva”.
“È possibile – ribadisce l’esperta – attivare un’azione di recupero psicologico e relazionale sugli allievi della scuola, ma perché questo accada occorre che le famiglie rinuncino a condizionare i loro bambini verso comportamenti, atteggiamenti e convinzioni che non appartengono loro. La scuola deve portare avanti il suo compito istituzionale, che oltre agli obiettivi di apprendimento, prevede l’educazione alla socialità e all’apertura verso l’altro”.
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