Continua l’emergenza scuole in Sicilia: dopo l’allarme per la mancanza di banchi e sedie, i presidi avvisano che le scuole rischiano di restare sporche e senza collegamento internet, problema quest’ultimo che pregiudicherebbe l’utilizzo del registro elettronico.
Anche per il 2017/2018, s legge sulla pagina di Palermo di Repubblica.it, 742mila alunni siciliani rischiano di doversi accontentare di un servizio ridotto all’osso. Anche perché parecchie famiglie si rifiutano di pagare il contributo volontario richiesto dalle scuole, perché non possono o perché, come dicono “ci devono pensare gli enti locali”, e i dirigenti scolastici non sanno più cosa fare per fronteggiare i creditori.
“Per il 2018 prevediamo di potere contare su 18mila euro, spiega la preside del liceo scientifico “Cannizzaro” di Palermo. Due anni prima, nel 2016, erano 56mila e nel 2013 addirittura 72,6mila. Avremo difficoltà a comprare perfino i detersivi – spiega – Ma anche i materiali per i laboratori, la carta per le fotocopie e a pagare i canoni”.
Situazione simile liceo delle scienze umane Danilo Dolci, a Brancaccio, dove il dirigente Domenico Di Fatta racconta che Il rischio è quello di lasciare le cose rotte. Potremo spendere sempre di meno e tutto questo a discapito delle quotidiane attività. È messo in crisi il funzionamento quotidiano della scuola: si rischia di non poter pagare l’Adsl. Sarebbe interessante chiedere ai candidati presidenti della Regione che intenzioni hanno nei confronti della scuola”.
Anche Francesca Vella, preside del liceo classico Meli punta il dito contro i candidati a governatore. “Non mi pare – dice – di avere sentito da parte dei candidati alla presidenza della Regione impegni precisi per la scuola. Nel mio istituto di soli contratti spendiamo 45/50mila euro all’anno e la regione ce ne dà appena 24mila. Davvero non sappiamo che fine faranno le nostre scuole. Sono molto triste personalmente e molto preoccupata professionalmente”.
Alle scuole elementari le cose non vanno meglio: alla “Garzilli”, comunica la dirigente Angela Mineo, “la guaina della copertura della palestra andrebbe sostituita, appena si infiltrerà l’acqua piovana la chiuderemo. E non potremo più effettuare nemmeno interventi-tampone sugli infissi”. Anche in questo caso sono parecchi i genitori che non pagano il contributo perché convinti che “dovrebbero pensarci gli enti locali”.
Addirittura alla scuola Marconi è arrivato un finanziamento che sa di presa in giro: 180 euro per i 4 mesi del 2017: “avrei preferito nulla, dichiara il preside Claudio Leto che incalza: “Da parte della politica locale c’è una sottovalutazione clamorosa delle problematiche della scuola”.
A preoccupare ulteriormente sono i quartieri difficili, come l’istituto comprensivo “Sperone-Pertini”, dove le cose vanno anche peggio: “l’anno scorso abbiamo ricevuto 12mila euro e quest’anno 8mila”, esordisce la preside, Antonella Di Bartolo. “Dovremo risparmiare su tutto: assicurazione degli alunni, contratti per la manutenzione delle fotocopiatrici, per il registro elettronico e per il collegamento internet, che il comune non paga. Per non parlare di detersivi e carta igienica. Abbiamo 934 alunni e il contributo volontario lo hanno pagato in 120. Se potessi – ammette – non lo chiederei neppure e capisco le famiglie di questo quartiere ma non sappiamo più cosa tagliare”.
Sulla questione è intervenuta l’ANP, con il presidente regionale Maurizio Franzò che spiega: “La Regione siciliana con un artificio algebrico ha tagliato 8 milioni di euro per l’anno scolastico 2016/2017 spostandoli all’anno scolastico 2017/2018. Tutto questo è inaccettabile”.
Infatti, negli ultimi tra anni le somme sono state dimezzate, ovvero 31milioni per l’anno scolastico 2014/2015, 27 milioni per il successivo e 16,8 per il 2015/2016.
“Questo taglio – tuona Franzò – mette a rischio la stabilità dei servizi erogati dalle scuole siciliane nonché la fattibilità delle azioni poste in essere dalle scuole per recuperare il gap degli studenti siciliani rispetto agli studenti del resto d’Italia. Un continuo salasso che pagano gli studenti e le famiglie. Tutto questo – conclude – in controtendenza rispetto alle regioni a statuto ordinario che beneficiano degli stanziamenti erogati dalla legge 107/2015”.
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