La scuola italiana è avvolta da mille problemi. A tenere banco, però, sono gli abiti degli studenti: stavolta l’attenzione è per i tacchi a spillo delle allieve di un istituto superiore abruzzese.
Tutto è stato scatenato dal regolamento imposto, attraverso una direttiva interna, in un istituto Tecnico Industriale di Avezzano, in provincia dell’Aquila, che ha proibito alle studentesse di presentarsi a scuola con tacchi superiori a 4 centimetri: per il dirigente scolastico non è però una questione estetica, ma di preservare l’incolumità delle stesse ragazze, che svolgono le lezioni in una zona “ad alto rischio sismico”, attraverso il normale rispetto delle norme sulla sicurezza nei posti di lavoro.
La proibizione, scrive l’agenzia Ansa, riguarda pure zeppe e infradito. E non risparmia il personale docente, impiegatizio e ausiliario.
“La direttiva non è frutto di una fantasia puritana – ha spiegato il dirigente scolastico, Anna Amanzi – ma di un’esigenza seria, cioè insegnare agli studenti la prevenzione e l’educazione, soprattutto in una zona ad alto rischio sismico come la Marsica”.
Però, se qualcuno dovesse disapplicare le indicazioni della preside, non sembra fare drammi: “la scuola è una comunità educante – sottolinea infine Anna Amanzi – e qualora non ci fosse il rispetto di queste direttive sulla sicurezza scatterebbe un richiamo verbale, nessuna sanzione”.
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L’ingegner Mario Colella, responsabile della sicurezza dell’istituto tecnico industriale di Avezzano e dell’Accademia di Belle Arti dell’Aquila, difende però la decisione: la richiesta prevede solo “il rispetto delle norme di legge sulla prevenzione degli infortuni. Sono – ha precisato – misure preventive che trovano riscontro nel decreto n.81/2008 con il quale all’articolo 20 si invitano i lavoratori a prendersi cura della propria e dell’altrui salute”.
Per i docenti però si è davvero esagerato: “Non sono mai venuta a scuola con i tacchi – ha detto una professoressa – ma questa misura mi sembra davvero un eccesso”.
“Non entro nel merito della circolare – ha commentato un’altra insegnante – ma posso dire che io e le mie colleghe non siamo d’accordo”.
Anche gli studenti hanno qualche perplessità: “Pensino a cose più serie – ha sostenuto una studentessa- per esempio a riscaldare la scuola”.
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