A commentare la proposta di Philipp Achammer, assessore provinciale alla scuola in lingua tedesca, proposito dell’abolizione a scuola dei voti sotto il quattro, che secondo lui “non hanno alcun valore educativo e pedagogico”, è stata anche Stefania Auci, scrittrice affermata nonché insegnante di sostegno nella Palermo dei quartieri difficili.
Quest’ultima ha affidato i suoi pensieri in merito alla possibilità di assegnare solo voti “alti” agli studenti ad un’intervista rilasciata a Il Messaggero. L’autrice si è opposta alla proposta: “Dobbiamo capire che il voto dell’insegnante non ha un intento punitivo né rappresenta la valutazione della persona. È una chiamata alla responsabilità dell’alunno. Quindi procederei innanzitutto a fare delle differenze di età”, ha spiegato.
Secondo Auci si dovrebbe valutare in modo diverso a seconda dell’età degli alunni. Nel caso dei più piccoli, ha fatto notare, magari si potrebbe pensare di fare qualcosa del genere: “Ai bambini non darei voti troppo severi. Mia madre, da insegnante, dava delle valutazioni sulle singole materie e poi esprimeva piccoli giudizi sintetici sui punti di forza e sulle debolezza del bambino. Per i grandi un voto basso può essere utile, è una tirata di orecchie che ti fa capire che devi raddrizzare il timone. E lo fa capire anche all’insegnante che ad esempio decide di tornare su un argomento se la classe ha preso molte insufficienze. Tagliare i voti bassi non permette di capire fino in fondo dove sono i problemi”.
Auci si è posta sulla stessa linea di Valditara, che crede che non bisognerebbe evitare di dare brutti voti agli studenti che vanno male a scuola solo per non metterli in crisi: “Se un ragazzo non si presenta all’orale una, due volte, deve sapere che ci sarà una conseguenza: il docente deve mettergli l’insufficienza grave. Il voto basso è uno strumento per aiutare il ragazzo a capire cosa può e cosa non può fare. Così i nostri figli crescono, rapportandosi con il giusto approccio allo studio”.
Per la scrittrice bisogna certamente differenziare gli alunni: “Un brutto voto è un no: un modo per capire che l’insegnante, per quanto generoso e comprensivo, deve valutarti. Anche una forma di rispetto verso gli altri”. Inoltre, ha aggiunto, nel corso della vita capita spesso di essere valutati: perché non preparare gli studenti a questo fin da subito?
“Troveremo sempre le graduatorie e qualcuno più bravo davanti a noi. È la vita. Che dobbiamo fare? Abolire i concorsi pubblici? I punteggi ci sono sempre nella vita. Abolire la valutazione significa sminuire le capacità degli alunni e non è giusto”.
“In Italia c’è la mania dell’eccellenza a tutti i costi. Ma la personalità viene valorizzata in tanti modi, un voto non buono non deve essere un’eccellenza mancata ma un’occasione di miglioramento, di crescita. Il professore ti fa vedere gli errori, li corregge e si assicura che hai capito: così dovrebbe funzionare. Senza sconti ma assicurandosi che l’apprendimento sia avvenuto”, ha concluso Stefania Auci.
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