In questi giorni ci siamo occupati dell’entrata in vigore della legge provinciale in Alto Adige che abolisce di fatto i voti sotto il quattro scuola. La questione ha aperto un acceso dibattito sulle valutazioni. A dire la sua è stata oggi, su La Stampa, la scrittrice e docente Viola Ardone.
Quest’ultima non è d’accordo, crede invece che bisognerebbe usare l’intera scala dei numeri per valutare gli alunni. “La legge mi pare un pò ipocrita. O decidiamo che il sistema dei voti non ci piace e immaginiamo una scuola in cui non avvenga una rilevazione periodica dei risultati, oppure se ci deve essere una scala deve essere reale, non truccata. Al ragazzo che mi consegna in bianco, secondo questo principio, dovrei mettere lo stesso quattro che metto a quello che consegna in maniera incompleta, o a quello che porta a termine il compito affidato ma con alcuni gravi errori? E come lo spiego poi in classe che chi non ha nemmeno aperto il libro è stato valutato allo stesso modo di chi ci ha provato con tutte le sue forze ma non è (ancora) riuscito del tutto?”, questo l’esempio concreto fatto da Ardone.
“Il voto non è una punizione, ma una valutazione. Che può essere espressa in decimi, in trentesimi, in centesimi, in sessantesimi o anche con degli indicatori non numerici, con delle lettere, delle stelline, dei sassolini in una ciotola. Il voto può essere un pallone che va in rete o non ci va, o magari tocca la traversa e non dà punto alla squadra per un pelo. Il voto può essere la classifica del fantacalcio, una gara in bicicletta, l’applauso finale alla conclusione di una performance, più o meno caloroso, a seconda del gradimento del pubblico e della bravura dell’esecutore”, ha continuato, spiegando il suo concetto di valutazione.
Il voto non è individuale, secondo la scrittrice, ma sia dell’alunno che del docente: “Chi propone l’abolizione dei voti negativi come mezzo per motivare i ragazzi è vittima di un equivoco di fondo: se un alunno mi consegna in bianco e prende due, non è l’alunno che vale due, ma la sua prova. Pallone fuori dalla rete, asticella del salto in alto che cade. Inoltre, quel due il docente lo mette anche a se stesso, che, per rimanere nella metafora sportiva, è il coach, l’allenatore, il maestro di strumento o di ballo. Il prof dovrebbe dire: ‘abbiamo’ preso due, da domani lavoriamo di più, lavoriamo meglio, lavoriamo insieme. Il voto non ha a che vedere con la meritocrazia, ma può essere una scala su cui misurare un cammino condiviso”.
“Un brutto voto può far male, anche molto. Cadono le lacrime sulle guance dei ragazzi, sempre più frequentemente. Tocca a noi consolarli, spiegare loro che una prova sbagliata è un ottimo punto da cui ricominciare, lo scalino più basso da cui riprendere il cammino. Insieme. Misurarsi con la propria insufficienza è la prima cosa che bisogna imparare nella vita. In questo bisogna augurarsi di avere buoni maestri: maestri di fallimento, più che di vittorie”, ha concluso Viola Ardone.
Il modello ricalca quello di Austria e Germania, dove a quanto pare esiste un solo voto negativo. La legge aveva sollevato un polverone, tra detrattori e sostenitori. A portarla avanti Philipp Achammer, assessore provinciale alla scuola in lingua tedesca, che si è scagliato contro la pratica di assegnare voti bassi agli studenti in pagella.
“Non hanno alcun valore educativo e pedagogico”, ha spiegato Achammer, che ha acceso un vero e proprio dibattito sul tema delle valutazioni degli studenti a scuola, dopo che si parla da tempo di una vera e propria “scuola senza voti”. Per i sostenitori, ovvero la stragrande maggioranza, un 2 e un 3 sono un pesante macigno, senza alcun effetto pedagogico. Il fronte del no, che nel dibattito rappresenta una piccola minoranza, evidenzia invece che in questo modo vengono premiati i fannulloni.
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