“La riforma della cosiddetta ‘Buona scuola’ è ancora nella fase delle dichiarazioni d’intenti, peraltro molto discutibili, e non si è registrato alcun concreto provvedimento significativo”.
“La stabilizzazione del personale precario – ricorda – attende i relativi provvedimenti che dovrebbero essere in linea con le decisioni della Corte di Giustizia dell’Unione europea”.
Per Nigi, “l’ipotesi contenuta nella ‘Buona scuola’ è stata smentita dalla consultazione e il governo sarà costretto a un’evidente marcia indietro che mette in luce non solo l’incapacità di interpretare il reale funzionamento della scuola, il clima che si respira, le richieste e le attese del suo personale, ma anche errori clamorosi di metodo, come quello di negare l’ascolto e l’interlocuzione con le rappresentanze sindacali”.
“Non è questa la strada per trovare soluzioni – avverte Nigi – e realizzare il superamento dell’evidente contraddizione tra alcuni principi affermati e gli atti concreti del governo”.
“A fronte della dichiarata volontà di considerare l’istruzione e la formazione un ‘investimento’ e non una ‘spesa’ improduttiva su cui intervenire per ridurla, si continua a operare tagli e a svilire il lavoro di docenti, dirigenti e Ata, minando la loro dignità professionale”.
“Il nostro giudizio sulle posizioni governative rimane, dunque, molto negativo. Posizioni che sono state alla base della mobilitazione e dello sciopero e che ora vanno riproposte nelle scuole in occasione delle elezioni delle Rsu”.
Per quanto riguarda l’agenda governativa “a nostro parere essa si sta rivelando sempre più inadeguata in relazione agli obiettivi socio-economici che sono nelle legittime aspettative dei cittadini e dei lavoratori italiani. La nostra valutazione, maturata in piena autonomia, sulle riforme strutturali avviate e sui mancati interventi nei settori strategici dello sviluppo e dell’occupazione è complessivamente negativa”.
Nigi parla di “un contesto di relazioni sindacali con il governo sempre più precario e al limite della costituzionalità”, che tuttavia, avverte, “non ci ha impedito di indicare a governo e Parlamento, con i mezzi a nostra disposizione, la mancanza di alcuni interventi a sostegno della domanda interna e conseguentemente della crescita economica e occupazionale e i ritardi sulle riforme annunciate, come non ci ha impedito di chiedere un radicale cambiamento di strategia politica”.
Il segretario generale indica quindi al governo alcuni campi prioritari di intervento “da assicurare in tempi brevi e comunque utili”, anche in vista del prossimo Documento economico-finanziario (Def), che “dovrà vedere risolte o almeno in via di soluzione alcune questioni”.
Tra queste questioni, Nigi elenca: “L’attuazione della riforma del fisco; l’intensificazione della lotta all’evasione fiscale; il contrasto all’economia irregolare e al lavoro sommerso; il sostegno all’istruzione, alla formazione, alla ricerca e alla innovazione tecnologica; la razionalizzazione e l’ottimizzazione delle politiche energetiche; l’equo governo delle tariffe; l’avvio di mirate politiche industriali e ambientali; una spending review seria e giusta; un forte ed efficace contrasto alla corruzione e alla criminalità organizzata; una doverosa vigilanza sulle vicende delle grandi aziende in crisi, quali l’Ilva di Taranto, le Acciaierie di Terni, Fiat e indotto di Termini Imerese”.
Inoltre, per il segretario generale della Confsal, una particolare attenzione meritano “la riduzione significativa dell’imposizione fiscale a lavoratori e pensionati e alle imprese, che assumono e investono in innovazione tecnologica e in energia pulita e a basso costo, e il rinnovo dei contratti del privato e del pubblico impiego”.
“Questi e altri – rimarca Nigi – costituiscono i ‘reali’ fattori di crescita e di occupazione, il cui mancato intervento adeguato dei governi degli ultimi anni ha bloccato l’economia e ha penalizzato l’occupazione, soprattutto giovanile”.
“Va privilegiato il sano rigore – sottolinea – mentre va abbandonata la via della cieca austerità compensativa degli sprechi e delle ruberie di risorse pubbliche. Il rigore finanziario e l’etica pubblica possono tradursi in crescita se si realizzano mirate ed eque riforme strutturali e funzionali”.
“Su questo punto centrale si dovranno misurare governo, istituzioni pubbliche, parti politiche e sociali e il Paese tutto, se veramente esiste la piena volontà di ritornare a crescere per garantire un sereno futuro alle giovani generazioni”.